Mario Centorrino fino a che punto le tendenze registrate nel recente passato tenderanno a riprodursi nel prossin10 futuro? Guardando alle modifiche nella strutura delJe iscrizioni ai primi anni di corso nelle diverse Facoltà si può notare con Frey che: la quota dei laureati meridionali in scienze matematiche, fisiche e naturali dovreboe essere nettan1ente superiore nel prossimo futuro; in continuo aumento ed abbastanza prossima alla partecipazione nazionale dovrebbe essere la quota di laureati meridionali in Ingegneria ed Architettura; l'importanza relativa dei laureati meridionali in Lettere e Filosofia e Magistero sarà molto inferiore nel prossimo futuro; il numero dei laureati in Economia e Commercio dovrebbe subire nei prossimi anni un brusco ridimensionam·ento compensato da una decisa ripresa delle lauree in Giurisprudenza e Scienze Politiche. Considerazioni confortanti come si vede che sfatano vecchi luonghi comuni, ma alle quali si contrappongono, quasi in chiave di paradosso, previsioni pessimistiche sull'occupazione. Infatti, il flusso netto dei laureati nelle Università meridionali, dal 1971 al 1975, può prevedersi da 130.000 a 160.000 unità a fronte di un aumento per tutta l'Italia stimato da 360.000 a 430.000 unità. La percentuale dei laureati meridionali ammonterebbe così al 35% dei laureati italiani in un'ipotesi minin1a ed al 37,2% in un'ipotesi massima; percentuali pressoché analoghe alla quota di laureati riscontrata nel 1970 (36%) e che potrebbe salire al 41,7%-43% se si calcolassero anche i laureati con famiglia residenti nel Mezzogiorno. Ora, in base ai dati sulle forze di lavoro previste nel « Documento programmatico preliminare » le forze di lavoro previste nel Mezzogiorno dovrebbero salire da 6.260.000 unità nel 1970 a 6.330.000 nell'ipotesi di un aumento del reddito nazionale al 5% in media all'anno ed a 6.390.000 nell'ipotesi + 6%, con un aumento netto perciò da 70.000 a 130.000 unità. Anche nel caso estremo in cui tutti gli almeno sessantenni nel 1969 (382.000) uscissero dalle forze di lavoro entro il 1975, si avrebbero rapporti estremamente elevati tra il flusso di nuovi laureati e la variazione lorda della forza-lavoro; si passerebbe cioè dall'attuale 3% al 30%. Ne consegue rebus sic stantibus che i laureati previsti o migreranno verso altre regioni o verso l'estero oppure scompariranno in forma di sotto-occupazione/disoccupazione implicita, oppure dovranno trovare posti di lavoro in loco in misura corrispondente (con possibili riflessi di sotto ..occupazione e disoccupazione per lavoratori con grado d'istruzione inferiore) oppure si tramuteranno in una rilevante disoccupazione esplicita. I dati citati da Frey servono, si noti, anche a spazzare il campo da un vecchio equivoco, l'urgenza cioè delle lauree tecnico-scientifiche in contrasto con quelle umanistico-giuridiche prevalenti nel Sud. I laureati in Ingegneria ed Architettura risultavano occupati in tutta Italia nel 1970 ( con riferimento alla· sola generazione di laureati 1065/66) per il 50% in impieghi privati e per il 7,6% in impieghi tecnico-amministrativi. Il flusso di ingegneri-architetti per il Mezzogiorno può stimarsi per il quinquennio '70-'75 in 9.000-17.200 unità. Di fronte a questi dati, dice Frey, si presenta una domanda agiuntiva netta di lavoratori nell'industria nel Mezzogiorno, per lo stesso quinquennio, pari 44
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