Luigi Compagna obbligatorio della storia, n1utavano i nomi, non la sostanza delh~ cose: poiché la città terrena assumeva di necessità gli attributi della città di Dio. In realtà occorreva riconoscere semplicemente l'eterno movimento della stor-ia un1ana, senza catastrofi e senza trionfi obbligatori e definitivi; occorreva trasferire Dio in questo movimento e non lasciarlo fuori e alla fine di esso, sia pure con nome mutato. Solo eliminando rigorosamente ogni residuo teologico, si sarebbe umanizzata la storia, sarebbe stata possibile una nuova e più matura filosofia politica ». Solo partendo da « una dottrina della storia laica » si può fondare il concetto basilare di ogni filosofia politica, il concetto di libertà. Ecco perché anche per gli schemi della « lotta di classe », cosl come per quelli della « fraterna comunità degli uomini », può dirsi certamente che « il passaggio arduo è al liberalismo e soltanto a questo ». Eppure il rimprovero di fondo che si usa muovere alla filosofia liberale, appunto in nome della « lotta di classe » o della « fraterna comunità degli uomini », o magarj di entrambi, è quello di essere restata filosofia e di non essersi tramutata in religione attiva e operosa. Qui starebbe la grande inferiorità del liberalismo rispetto al marxisn10: poiché quest'ultimo riesce ad infondere una fede ardente nelle masse, una fede che trascorre fino al fanatismo, laddove il primo, « con la sua freddezza razionale », non riesce a tanto. Questo, però, per dirla ancora con de Caprariis, significa confondere il liberalisn10 come « filosofia politica » col liberalismo come « mito »: anche il liberalismo « è stato ed è una fede operosa e ha suscitato gigantesche rivoluzioni che hanno mutato la società, ha vinto e vince le sue battaglie. Ma la sua superiorità è proprio nel fatto che non nega gli altri alla stregua di tutti i fanatismi e che non si esaurisce in nessuna delle rivoluzioni da esso stesso suscitate, che cioè non nega m1ai se stesso ». In questo senso, e per la cu1tura cattolica e per la cultura marxista, confrontarsi con il liberalismo non significa tradire la « religione» (o la controreligione), ma vuol dire piuttosto rinunciare alla « teologia ». LUIGI COMPAGNA 20
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