Il « vertice » di Parigi estera, deve anche avere una sua politica militare pur nel quadro dell'alleanza a cui partecipa. In secondo luogo si parla di assoluto rispetto dei trattati sottoscritti. Non è del tutto chiaro il significato di tale espres.sione. Essa può significare un progresso (se si applica il dormiente art. 138 sull'elezione a suffragio universale e diretto dei 1nembri del Parlamento europeo), come può rappresentare una limitazione: nessuna trasformazione della Comunità dall'interno se non per mezzo dell'art. 235 (di cui sembra volersi limitare l'applicazione ai compiti derivanti dai programmi). L'Unione verrebbe quindi ad essere qualcosa di diverso dalla Comunità e non un salto qualitativo di questa. Un rapporto dovrebbe essere presentato entro il 1975 ed essere esaminato da una nuova conferenza al vertice. Lo redigeranno le istituzioni della Comunità, cioè in primo luogo la Commissione, e questo è un fatto importante e positivo. Se è auspicabile che auroenti il benessere dei popoli europei, se ogni sforzo deve essere fatto per promuoverne il progresso economico e sociale, sarà bene che i governanti europei ricordino l'elementare lezione della storia, che i popoli ricchi e deboli non hanno conservato la loro indipendenza. Essi sono caduti, secondo i casi, preda dei loro avversari o dei loro protettori o dell'intesa tra i due. Dell'urgenza di scelte precise, della drammaticità della situazione in cui si trova l'Europa - confinante con una Unione Sovietica sempre più potentemente armata, che, grazie alla sua forza ed all'impegno asiatico degli Stati Uniti, ha segnato numerosi punti al suo attivo sul piano diplomatico; dipendente, per la sua sicurezza,. dalla protezione nucleare degli Stati Uniti, il cui in1pegno in Europa, per una serie di cause di cui la responsabilità non è solo degli europei, si è attenuato; presente in un mondo che ha assistito alla riconciliazione di due potenze di prima grandezza tra di loro complementari, in Estremo ·Odentè - non vi è traccia ne.i documenti usciti dalla conferenza di Parigi. Nessuno si attendeva che i capi di Stato e di governo terminassero i loro lavori con una riedizione, in chiave europea, dell'ultimo capitolo- del « Principe », la cui eloquenza non impedì del resto agli avvenimenti di seguire il loro corso. Ma se il lavoro compiuto a Parigi è per tanti rispetti apprezzabile e positivo, se esso contiene anche germi promettenti, è meditata impressione di chi scrive che· la conferenza non è stata pari alle 13
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