Manlio Di Lalla versa, se si dava troppa via libera ai poteri di fatto, si correva il pericolo non solo di contestare l'ordito liberal-pluralista, ma di seguire le trasformazioni sociali nel loro ritmo inconsulto, sollecitando lo sviluppo di quella parte di implicazioni della nostra Carta, la cui attuazione avrebbe portato al ruolo marcato di una non chiara democrazia populista, negazione di quella costituzional-liberale che si intendeva sempre di più articolare nelle sue giunture. L'alternativa, quindi, non era né semplice né facile. Quei dottrinari cattolici, che si sono richiamati in linea di massima alla matrice liberale, ma che pur erano legati al polo delle pregiudiziali anticentralistiche, scelsero la strada del pluralismo decentrato. Essi cioè ritennero di salvare il quadro liberal-pluralistico, la struttura garantista del nostro assetto, arricchendola con prospettive di nuove articolazioni autonomistiche. Questo fu lo sviluppo che gli intellettuali cattolici di formazione liberale intesero dare al dibattito istituzionale. Senonché, fu anche evidente il limite di questa posizione. Nella misura in cui, il complesso problema delle autonomie locali, dei corpi decentrati non fu attentamente analizzato, il loro pluralismo municipale ha finito spesso per confinare con il messianismo. Negli anni 'SO e negli anni '60 si è fatta più che altro della retorica sul costituzionalismo pluralista decentrato, con molte buone intenzioni. Ma un'attenta ricognizione dei rapporti tra poteri locali e processi strutturali, un'analisi attenta della sociologia del potere nella complessa trama delle autonomie municipali non è stata mai condotta fino in fondo nel campo di quei dottrinari cattolici che si dicevano sensibilizzati dalla lezione del costituzionalismo liberale. In altri termini, quella metafisica al servizio delle istituzioni, un pericolo che ha gravato costantemente sul dibattito di questo venticinquennio, è stata puntualmente riproposta in campo cattolico. Impaniati nello schema garantista, che gli intellettuali cattolici non sempre hanno saputo interpretare nella giusta direzione, ricattati però psicologicamente da un certo taglio dell'avvenirismo municipale, essi hanno oscillato tra una realtà prosaica legata a una gestione spesso efficientissima del potere e il rilancio, nelle intenzioni, di un pluralismo neocornunale a livello di ipotesi. In una dimensione, quindi, incerta psicologicamente, con degli scarti di prospettiva talmente evidenti da non poter essere negati in nessun caso, i dottrinari cattolici, legati in via diretta o indiretta al polo dell'establishement, hanno finito per coltivare le lusinghe di un costituzionalismo dalle molte risorse sul terreno del futuribile, ma convenzionale e, spesso, schematico sul terreno operativo. L'affermazione di de Gasperi sulla Costituzione da accettare per intero, così com'era, se era un invito, per lo statista trentino, ad evitare i colpi di testa, che pure 120
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