Manlio Di Lalla quali si era tormentato l'attualismo e su cui c'era stata una drammatica frattura: non il tema di una delicata mediazione tra lo Stato liberalpluralista e quello etico e non l'altro altrettanto complesso dei rapporti tra Stato e Chiesa. In altri termini, gli stimoli liberali dell'attualismo, che pure ci sono stati, sono passati completamente sotto silenzio. L'impegno globale, inteso come costruzione di uno Stato e di una società radicalmente nuovi, è stato concepito come atto dissacrante e di rottura ed ha dato così un'altra legittimazione a quegli iconoclasti deU'antifascismo, componente rilevante della generazione degli anni difficili, che hanno eluso sempre una discussione approfondita del tema delle garanzie della libertà, al quale non hanno mai in fondo, per vocazione, creduto. Questo tipo di forn1azione differenziata degli intellettuali di matrice liberale, con i limiti di storicizzazione connessi a tale formazione e con la difficoltà di ricostruire, quindi, le complesse antinomie di un'eredità come quella, appunto, liberale, non sempre ha dato luogo a una cultura adeguata, in grado di sistemare razionalmente i problemi di una società industriale come quella degli anni '50, discutendo a fondo i meccanismi di sviluppo istituzionali. Qual è stato il tipo di risposta che la cultura liberale ha dato negli anni '50 ai problemi sociali, ai temi istituzionali e, soprattutto, a quei partiti che direttamente o indirettamente si sono richiamati al pensiero liberale? Sul terreno economico-sociale l'eclettismo della cultura politica di formazione liberale è ,stato anche più palese- che in altri campi. Si è oscillato tra una fonna mentis di un rigido dirigismo tecnocratico, l'esigenza di mediazione di un'economia mista che non è riuscita se non di rado a dettare formule equilibrate di terapia e proposte di diagnosi, e l'ossequio infine ai canoni di un'economia dì mercato dal rigido sapore manchesteriano. Einaudi, Roepke, Scumpeter hanno fatto del pari scuo~ la, com'è giusto, ma sono diventati anche dei classici da citare spesso alla rinfusa, intercambiabili nelle loro indicazioni. Il tentativo di rendere omogenea la cultura liberale, su tale terreno, è riuscito meno che in altri campi. Indubbiamente, le complesse trasformazioni sociali degli anni '50 hanno favorito sul piano economico-sociale una forma di liberal-socialismo a tratti esplicita, a tratti, invece, inespressa. E l'esigenza di un'economia mista che indicasse articolate formule programmate si è alternata alle necessità di un dirigismo ora pubblico ora privato, soffocatore talvolta del libero espandersi dei meccanismi di sviluppo. In altri termini, le confuse trasformazioni, non trovando, spesso, validi argini 116
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==