Nord e Sud - anno XIX - n. 155 - novembre 1972

J\1anlio Di Lalla ricogn1z1one selezionata e della denuncia di determinate complicità. Il non averlo fatto, costò caro al gruppo del «Politecnico». Perché, comunque, l'esperienza della rivista di Vittorini è indicativa al massimo dei limiti di questa prima linea di tendenza del discorso culturale del dopoguerra? Per quel rifiuto, sottolineato con tanta insistenza da Eugenio Garin, a storicizzare tutto un tracciato culturale. Su tale terreno, può sembrare strano, i rilievi critici di intellettuali diversamente impegnati come Eugenio Garin, Ugo Spirito, Augusto del Noce concordano. Ugo Spirito, più dello stesso Garin, sottolinea la mobilità del quadro politico-culturale che avrebbe coinvolto la generazione degli anni difficili in una problematica estenuata. Egli ha parlato di una costante di negazione che avrebbe investito gli ideali dell'immediato dopoguerra, impedendo così un discorso costruttivamente articolato. Vittima di questa costante di negazione sarebbe stata, più delle altre, la generazione degli anni difficili. Di qui l'impossibilità, anche per Spirito, del discorso storicamente costruttivo. A sua volta, Augusto del Noce 13 , nel distinguere la carica romantica dell'antifascismo prefascista dallo spirito punitivo che avrebbe caratterizzato l'antifascismo della Resistenza, ha considerato la generazione degli anni difficili come la più diretta depositaria di questo spirito punitivo. In ogni caso, costante di negazione, spirito punitivo, limite di storicizzazione sono connotati che hanno investito, da presupposti culturali diversi e con differenziate prospettive critiche, tutta una linea di tendenza. Pur volendo concedere che l'esagerazione polen1ica si accompagna, in questo caso, al gusto della panoramica storica di questi interpreti di certi sottili ritmi culturali, dobbiamo, tuttavia, convenire che la carica dissacratrice di questa prima linea di tendenza della nostra cultura viene ridimensionata come momento subordinato da parte di quegli studiosi che si pongono sul terreno di una costruttiva e continuativa dimensione di rifornimento sia laico che cattolico. Naturalmente quando parliamo di una generazione degli anni difficili che portò avanti lo spirito di denuncia di questa linea di rottura, non desideriamo essere equivocati. La generazione degli anni difficili è per noi quel gruppo di intellettuali che, appartenendo a formazioni polit~che diverse, interpretò l'antifascismo come carica dissacrante e di rottura, dopo aver denunciato quasi tutta la cultura del passato di complicità con il fascismo. E in quest'azione di rottura quasi tutti i presup13 Di del Noce cfr. ancora Eric Voegelin, cit. 110

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