.Manlio Di Lalla l'ambito della tradizione neoidealistica italiana, il lungo dibattito tra Croce e Gentile, soprattutto, la quérelle che, negli _anni dell'immediato dopoguerra, c'è stata sulle implicazioni ancora più che mai attuali di tale dibattito, anche tutte queste voci particolarmente significative hanno trovato nelle analisi del Garin una puntualizzazione per grandi linee. Tuttavia, il ripensamento, nonostante l'ampiezza del quadro, presentava dei limiti. La discussione all'interno dell'eredità del pensiero liberale di matrice neoidealistica, pur essendo seguita nella sua ampiezza, non era approfondita nelle sue implicazioni. La dialettica tra le pregiudiziali etiche assorbenti di quel liberalismo positivo e statalista, che aveva trovato la sua espressione nella parabola attualista, e quell'interpretazione pudica, a direzione crociana, degli ideali liberal-democratici, di contenuti rinnovatori, tale dialettica, ripetiamo, non era esplorata nella varietà delle sue implicazioni. La ragione della presenza storica del Partito d'Azione, la sua polemica con le frange del liberalismo ortodosso, anche se veniva toccata con agilità, anche se veniva compresa, era, tuttavia, considerata con gelido distacco aristocratico da parte di chi, dall'esterno, si compiaceva di ridimensionare volutamente tutta una prospettiva storica. In sostanza, se le antinomie speculative della tradizione del pensiero liberale venivano collocate con il giusto risalto che a loro competeva, tuttavia, dopo una rapida e sciolta ricognizione, non si aveva l'intenzione di portare il dibattito fino alle estreme conseguenze, per comporlo o per divaricarlo, ma si semplificavano le prospettive, tutte le prospettive che si riferivano alla problematica del liberalismo, per accoglierle come momento subordinato di- una linea, quella che va da Cattaneo a Salvemini, che era considerata dal Garin fuori dal contesto di pensiero liberale. In un tale affresco, in cui venivano sottolineate la freschezza e la varietà delle aperture metodologiche, ma non si tentava di recuperare l'omogeneità speculativa della tradizione di pensiero liberal-democratico, si presentava più che altro un rendiconto di complessi problemi da risolvere ma non si indicava un nuovo principio regolativo che, dall'interno della cultura liberale, cercasse di unificare alcuni di questi proble1ni. Tuttavia, dobbiamo dire che la testiinonianza del Garin sull'eredità del pensiero liberale di questo dopoguerra coglie bene il clima psicologico degli anni '50, quella dimensione ricca di slanci, di prospettive plurime alla ricerca di ancoraggi solidi, ma, al tempo stesso, confusa nella sua stessa esigenza di ricchezza speculativa. Ci siamo, in ogni caso, riferiti piuttosto estesamente ad Eugenio Garin perché il suo itinerario è, in un certo senso, esemplare di un tipo particolare di sensibilità 106
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==