Argonienti le politiche meridionaliste quando il loro senso suonerà non più, e non solo, come esigenza di investimenti aggiuntivi, quanto come investimenti alternativi. Ecco perché, nel buio panorama dello sviluppo economico italiano, ogni punto di crisi al Nord è ancora più gravemente punto di crisi riflesso per il Mezzogiorno; ed ecco perché le vicende della difficile ristrutturazione della maggiore conglomerata italiana, la Montedison, sono vicende le cui conseguenze, pur se localizzate nell'ambito prevalente di una geografia economica delle regioni centro-settentrionali, trascendono gli stessi limiti dell'ubicazione degli stabilimenti in crisi per coinvolgere l'intera politica di riequilibrio territoriale dell'economia nazionale. Infatti, l'occupazione eccedente nei punti di crisi del Centro Nord è maggiore che al Sud, in valore assoluto, ma, se confrontata ai livelli globali dell'occupazione industriale nelle differenti regioni, risulta certamente più elevata, in valore percentuale, nel Mezzogiorno. D'altra parte, lo sforzo finanziario che la soluzione della crisi comporta nell'intero paese costringe a concentrare nel Centro Nord una massa di investimenti che inevitabilmente provocherà gravi conseguenze per quanto riguarda la disponibilità di risorse finanziarie da destinare alla politica di riequilibrio territoriale dell'economia italiana. Per tutti questi motivi, il caso Montedison è un caso nazionale, nella misura in cui le soluzioni che possono prospettarsi per la positiva evoluzione delle condizioni di crisi del Gruppo sono soluzioni che vanno ricercate in un contesto che operi in senso di rafforzamento della struttura industriale del paese e che, per tanto, non rinunci all'obiettivo prioritario del rieliquibrio territoriale della stessa. Perché se il problema della competitività internazionale dell'industria italiana è un'esigenza inderogabile, questa non si può soddisfare attraverso quelle indispensabili operazioni di razionalizzazione degli impianti e di crescente produttività delle produzioni, senza che prima si sia provveduto a sciogliere i nodi del dualismo territoriale e a ristabilire ordine nell'irragionevole caos della congestione industriale ed urbana. D'altronde, se la Montedison, con la sua crisi, per vie dirette e riflesse minaccia l'occupazione industriale in così numerosi comuni e in così vari con1parti produttivi, c'è da chiedersi fino a qual punto quella sia la crisi di un'azienda e non sia, piuttosto, la crisi di una generazione indust 1 riale che si è lasciata volontariamente imprigionare dalla stretta di uno sviluppo che non ha voluto, o non ha saputo, controllare negli anni dell'espansione facile. Proprio perciò, l'esame del contenuto della crisi Montedison potrà anche essere utile per .comprendere entro quali limiti la ristruttura47
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