Romano Prodi L'aver affidato la soluzione di un problema con1e quello del Mezzogiorno prevalentemente agli incentivi al capitale è stato un grave errore non solo perché su questa stessa strada si son.o ormai posti tutti i governi (per mezzo di un'incredibile girandola di disposizioni speciali) ma anche per le distorsioni che ne sono derivate all'interno del nostro Paese. Sono state infatti attirate nel Mezzogiorno soprattutto le imprese ad elevata intensità di capitale e si è trasformato il mercato dei capitali in una complicata struttura di elargizione di pubblici favori. Questa situazione piace indubbiamente alla classe politica che si trova a possedere uno strumento di enorme potere economico e nello stesso tempo manovrabile con un largo n1argine di discrezionalità, ma appare poco fruttuosa per raggiungere gli obiettivi che con l'istituzione degli incentivi al capitale ci si proponeva. Una vera politica industriale regionale è cominciata solo recentemente, con la fiscalizzazione degli oneri sociali. Lo strumento è della massima validità perché allevia i costi di gestione delle imprese, perché è automatico (e quindi non sottoponihile ad arbitrii), perché può essere graduato per legge da zona a zona ( togliendolo ad es. nelle aree congestionate immediatamente vicine a Roma), perché non offre legittima materia di contestazione da parte degli altri partners della CEE e perché mette giustamente in secondo piano le complicate e quasi sempre della selezione fra settori prioritari e non prioritari. Il vero problema del Sud è in effetti il problenza dell'occupazione: la fiscalizzazione degli oneri sociali premia al n1assimo l'aumento di occupazione, lasciando al rnercato il peso principale del difficile compito della selezione fra setori prioritari e non prioritari. Ma anche un'avveduta gestione degli incentivi al lavoro non può essere ritenuta uno strumento sufficiente: l'altra pietra angolare della politica meridionalistica deve essere l'invenzione di una nuova strategia dello sviluppo per poli. Dal punto di vista teorico questa non è certo una novità, in quanto l'idea dei poli integrati non solo è stata spesso cara ai meridionalisti, ma si è anche precisata in alcun.e formulazioni (come ad ese1npio il polo meccanico pugliese) che potevano veramente essere considerate un grosso salto di qualità. Per passare da queste formulazioni alla concreta realizzazione di un polo integrato è necessario tuttavia superare il costume degli interventi framn1entari e non coordinati: per questo non se n'è fatto nulla e i progetti sono stati in pratica buttati via. Un polo industriale moderno deve in.fatti fondarsi· non solo su efficienti infrastrutture tradizionali (su questa via si è, in alcuni casi, già abbastanza avanti) ma su una infrastrutturazione privilegiata sotto 36
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