!7; Girolwno Cotroneo va segnato con nota negativa - il passaggio arduo è al liberalismo e soltanto a questo ». Il problema, come si vede, è grosso; ma Jemolo non ha nessuna paura a portarlo fino in fondo: « In effetto - ha scritto ancora - per chi abbia una sicura formazione cattolica (ma credo il discorso possa ripetersi per i protestanti) il passaggio al comunismo è una sostituzione di quadri a quadri, mobili a mobili, ma l'ordine della casa resta il medesimo. La via del liberalismo importerebbe uno sconvolgimento totale nel modo di ragionare, di sentire ». Può darsi anche che Jemolo, per troppa passione, sia andato oltre il segno: la perfetta identità fra la Chiesa e il comunismo marxistico da luj indicata non tiene conto di molti elementi di distinzione che rendono diversa (nonostante le apparenti similitudini ricordate da Jemolo: la crociata contro gli Albigesi o le guerre del duca d'Alba viste come il pendant dell'intervento sovietico in Ungheria e in Cecoslovacchia) tutta la loro storia e la loro funzione educativa. I Ma non è questo il problema che qui ci interessa: il punto veramente notevole del discorso di Jemolo è invece quello dell'incompatibilità creatasi fra cattolicesimo e liberalismo, le cui conseguenze sono l'attuale sbocco « progressista » di una parte della cultura cattolica. La matrice di tale conflitto è fin troppo nota: preoccupata dalle n1inacce che portava al « potere temporale » la Chiesa di Roma non vide o non volle vedere « la schietta matrice cristiana da cui - è sempre Jemolo a dirlo-· il liberalismo nasceva». Per questo colossale errore di prospettiva e di valutazione la cultura cattolica rim.ase sorda alle istanze proposte dalla filosofia europea dall'Illuminismo in avanti: un secolo e mezzo di pensiero, in cui nacquero il razionalismo illuministico, lo storicismo idealistico-romantico, il liberalismo politico, il positivismo scientifico, rimase estraneo alla cultura cattolica. Né può essere accettata come valida la tesi di una incompatibilità sul piano teoretico: un uomo di altissima spiri~ tualità come Arturo Carlo Jemolo (e non è stato certo il solo) ha potuto recepire la cultura « laica » del secolo diciannovesimo, senza sentirsi costretto a dolorose rinuncie sul piano teologico; della cultura italiana del Rinascimento, matrice diretta del pensiero italiano contemporaneo, ha potuto leggere non solo Rosmini e Gioberti, ma anche, senza scandalo per la fede, Cattaneo e Ferrari. Ma nel suo complesso la cultura cattolica ha rifiutato di fare questo e ha visto il liberalismo come vaso d'ogni nequizia. Quando poi, - e la cosa è piuttosto recente - ha deciso di uscire dal ghetto nel quale si 12
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==