Nord e Sud - anno XIX - n. 154 - ottobre 1972

Letteratura chio, da questo classico per antonomasia della letteratura popolare, non è difficile constatare che norma della narrativa di consumo è proprio il trascrivere i contrasti inerenti all'organismo sociale a livello di ingrediente emozionale, unificando così quel medesimo pubblico-ambiente, diviso dai suoi interessi nella realtà. Si pensi al vistoso fenomeno Love Story, che al lettore agguerrito non è sembrato tanto un segno di neoromanticismo (come lascia intuire Eco proprio sul limite dell'Almanacco '72) quanto un'ennesima e mistificata esorcizzazione di quei contrasti sociali che hanno nella vita esiti assai differenti. Attraverso il richiamo al sentimentalismo ( « Amare significa non dir mai: mi spiace») è stata infatti proposta una consolatoria morale (superamento dei conflitti di classe tramite l'amore}, tale da soddisfare le aspettative di un pubblico piccolo borghese americano ed europeo: una categoria psicologico-sociale (di estensione assai maggiore del ceto medio inteso in puro senso sociologico) che è segno ed anche prodotto di un livellamento intellettuale a cui non poco contribuiscono i massmedia. Dopo questi esempi, il nostro interesse si sposta dall' « intreccio » come struttura narrativa ai valori etico-sociali di gruppo che per esso si veicolano. Puntuale perciò, nell'Almanacco, l'intervento di J. Tortel che delinea uno schema evolutivo del romanzo popolare in rapporto alla storia della borghesia in Francia negli anni 1830-1914 (Il romanzo popolare pp. ·22-23). E stimolante la riproposta dell'antica ~eoria del · verosimile quando rimandi dall'arte al « sistema di opinioni che regolano la vita sociale» (U. Eco: L'industria aristotelica, pp. 5-11). Si scopre allora che la differenza « buona »-«cattiva » letteratura implica ora una messa in crisi di valori « tradizionali » entro ogni contrastata accettazione della realtà, ora una loro facile e rasserenante adozione. Così si spiega il caso di Balzac che supera nell'arte le sue stesse convinzioni ideologiche e crea le premesse di una nuova maniera espressi va, mentre cede ancora al gusto del romanzo nero sia per gli eroi ribelli (Rastignac) che per le descrizioni da incubo dei mali della società. Pure, nello stesso modo, andrebbero chiariti i debiti del Verga proprio verso la narrativa di appendice che, dal romanticismo sociale del Carcano al realismo degli « scapigliati », sensibilizzava i lettori ai problemi della miseria del popolo come a quelli della nuova ed avida borghesia. I due livelli: popolare e d'arte, andrebbero considerati, pertanto, in un rapporto dialettico e sincrono, in un gioco di assimilazioni e di esclusioni reciproche; perché se la grande letteratura dà voce a nuove istanze ed è, come crede H. D. Duncan ( Sin1boli e ruoli sociali in Sociologia della letteratura, a cura di G. Ungari Pagliano, Bologna, 1972, pp. 147-163), « esplorazione cosciente della possibilità di azione dell'uomo nella società», bisognerà tener presenti anche le proposte ritardatarie, i recuperi d'ordine, i desideri di certezze già date che convivono, ostacolano, facilitano infine di nuovo. Andrebbe dunque accolta la proposta della Bianchini~ realizzare 125

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