Nord e Sud - anno XIX - n. 154 - ottobre 1972

Lel/ere al Direttore e al poco scrupolo ed all'avidità di pochi, o si tratta di una costante ineli,ninabile in ogni econ01nia basata sull'accun1ulazione capitalistica privata. In particolare, poi, bisogna appurare se esso, nella concreta ituazio~,e storica del paese, sia stato il frutto di una congiuntura o piuttosto il risultato oggettivo degli squilibri di una dinamica di crescenza dell'intera strulfllra economica italiana. Una volta stabilito questo, chi fa onestan1ente il suo mestiere di storico traccia un bilancio del positivo e del negativo, dal ui raffronto fa derivare il proprio giudizio di valutazione. A niio avviso il negativo upera di gran lun~a il positivo; e ciò 11011 per nequizia di uonzini o per particolari condizioni avverse, bensì per scelte politiche inevitabilmente detenninate dal prevalere di precisi interessi econo1nici e sociali su altri. In d0 finiLiva, la terapia dell'industrializzazione, come Ella dice, avviata nel 1904 a Napoli non ha fatto altro che promuoverne lo « sviluppo nel sottosviluppo» o, come io dico, il sottosviluppo capitalistico. Ed anche qui parlano i fatti e non i propri convincimenti ideologici. Se la sente Ella di sostenere il contrario? Ora, se questi sono i risultati dell'esperienza storica; se, alla luce della storia politica ed economica italiana da cento anni a questa parte, la crisi della societù meridionale è certamente rnutata ma non si è altrettanto certamente risolta, anzi si è addirittura aggravata, non capisco per quale ragione seria dobbiamo, per il futuro, auspicare la stessa strada che fino ad ora si è rivelata del tutto inidonea. Qui il li,nite del uo discor o di tipo nittiano appare in tutta evidenza. Anch'Ella infatti, come Nitti, ritien cl1e lo sviluppo delle infrastrutture, il rammodernamento e la specializ azione degli impianti industriali ad alti livelli di co,npetitività tecnologica, la riqualificazione delle strutture sul territorio, l'in1piego ottimale a fini produttivi delle ri. or"e intellettuali, una più oculata politica del credito, il rinnovamento clell'organizza7.ione amministrativa dello Stato e degli enti locali, e così via, po sano finalmente dare al Mezzogiorno quella fisiono111ia di società e1 alula, finora vn11a1nente perseguita. Basta un poco d'intelligenza di tipo illwninistico (Ella forse preferirebbe dire europeo), un comporta,nento più erio e r sponsabile della classe dirigente, un maggiore e più incisivo intervento dello Stato ia altra- ' erso il meccanismo finanziario e fiscale sia attraverso la ,nano pubblica, e tanta fiducia nel capitale privato e nell'Europa del MEC. Personal,nenle, auguro alle sue idee un successo maggiore di quanto la realtà concreta le abbia conferito finora, ma 1ni consenta, alla luce dell'esperienza, di nutrire forti e motivati dubbi. In realtà, i peggiori nemici delle sue tesi sono all'interno stesso dello schieramento culturale, sociale e politico che Ella ha scelto anche pri1na di militare nel partito repubblicano. La depressione passata e presente del 1\1.ezzogiorno non è solo frutto d'ignoranza, di provincialisrno, di scarsa assi~ 1nilazione endogena delle spinte concrete e delle suggestioni ideologiche provenienti dalla moderna civiltà industriale. È ·anche e soprattutto il risultato inevitabile delle iniziative economiche e delle scelte politiche attuate da quella 111odernaborghesia capitalistica ed imprenditoriale che Ella ha eletto a forza motrice dello sviluppo del Sud. Sono qui le vere forze che oggi si oppongono al suo programma, come ieri si opposero a quello di Nitti; e non per malva121

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