Nord e Sud - anno XIX - n. 151-152 - lug.-ago. 1972

Giornale a più voci da quelli ai quali era abituato. Quindi, già per un ragazzo che si trovi a vivere e studiare in quello che è il suo ambiente abituale, con i suoi compagni di sempre, l'entrata nel mondo scolastico rappresenta un trauma dal quale soltanto a poco a poco, e con l'aiuto della gente che lo circonda, egli riesce a riprendersi. Figuriamoci quello che avviene per i ragazzi figli di emigranti, costretti per la loro stessa sopravvivenza ad abbandonare la propria terra e le proprie abitudini per andare in un mondo nuovo, diverso, spesso spietato, che li discrimina e talvolta anche li respinge. Spesso lo shock è talmente grande che essi cercano di rifiutare questa situazione, di estraniarsi dalla società che li accoglie, di evadere all'obbligo scolastico; e tale evasione (che ha in sé le più diverse cause: psicologiche, linguistiche, di inserimento troppo precoce nella attività lavorativa, eccetera) viene purtroppo a togliere non solo ai figli, ma alla famiglia tutta, quella occasione preziosa di inserimento sociale che la scuola con i suoi contatti quotidiani offre. Inoltre tale evasione all'obbligo comporta conseguenze preoccupanti per il futuro del giovane, sia nel caso di una sua permanenza definitiva all'estero, sia nel caso di un rientro in patria. Occorrono pertanto delle soluzioni nuove; occorre favorire al massimo la frequenza delle scuole <,locali» per i grandi vantaggi di adattamento ed inserimento sociale che ne derivano; occorre predisporre dei « corsi di inserimento» dove venga in1partita in modo accelerato quella istruzione linguistica o di cultura generale che consenta poi una positiva frequenza delle scuole locali. Ed è necessario anche favorire lo studio della lingua e della cultura italiana, non certo per motivi « patriottici », ma perché i giovani possano reinserirsi facilmente e senza frustrazioni nella società e nella scuola in caso di rimpatrio: da qui la opportunità di formare corsi di lingua italiana per tutta la scuola dell'obbligo ed anche oltre. Ci sembrerebbe inoltre interessante che venisse riformato il sistema attualmente vigente in Europa in questo settore scolastico, tentando cioè di attuare intese a livello comunitario o bilaterali per eliminare il vecchio principio della difesa del sistema scolastico nazionale. In tale senso varrebbe la pena di dedicare una maggiore attenzione alla proposta, sia pure un po' vaga, avanzata nel 1969 dal Ministro francese dell'educazione nazionale, Guichard, per la creazione di una sorta di comunità scolastica europea a fianco di quella economica. Si dovrebbe cominciare col creare un Ufficio europeo della educazione, incaricato di studiare i più gravi problemi, raccogliere materiale informativo, elaborare riforn1e, ecc.; i rischi sono indubbiamente notevoli, tuttavia per certi aspetti (incentivo alla collaborazione, allo scambio di esperienze, alla equiparazione dei titoli, scambio degli insegnanti e degli studenti, eccetera) tale prospettiva potrebbe essere interessante, richiedendo . tra l'altro l'impegno delle varie forze politiche, culturali e sociali che si preoccupano della scuola o che in essa operano. È proprio questo il punto sul quale si dov;rebbero concentrare tutti gli sforzi delle no~tre autorità competenti: attuare una «collaborazione» tra i popoli europei, anche e soprattutto in campo scolastico. Una collaborazione 83

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