Nord e Sud - anno XIX - n. 151-152 - lug.-ago. 1972

. L'occasione metropolitana di Francesco Compagna (da (~Il Giorno») Ricordo che una volta, intorno al 1950, Gaetano Salvemini mi disse, preoccupato, che la sua generazione di meridionalisti aveva « dimenticato » Napoli. A giudizio di Salvemini, cioè, i meridionalisti non erano riusciti a sciogliere quel particolare ed a,npio nodo della questione n1eridionale che risulta dalle asprezze e contraddizioni della questione napoletana. Di qui, sempre a giudizio di Salvemini, la necessità che meridionalisti più giovani, e napoletani, rifiettessero sui rapporti fra questione mer(dionale e questione napoletana, e cercassero di chiarirli più di quanto non fossero riusciti a chiarirli i meridionalisti della generazione che si era raccolta intorno a Giustino Fortunato, che aveva studiato la realtà del Mezzogiorno contadino più di quella del Mezzogiorno cittadino e che quindi aveva chiarito i rapporti fra questione meridionale e que• stione agraria più che i rapporti fra questione meridionale e questione urbana, venuti poi in evidenza con i processi di industrializzazione e di urbanizzazione che hanno investito l'Italia nei decenni a noi più vicini. E tuttavia, tra i n1eridionalisti della generazione di Fortunato e di Salveniini, c'era anche Nitti, le cui pagine dedicate alla questione napoletana non. potevano non costituire il principale punto di riferimento per chi avesse voluto raccogliere l'esortazione di Salvemini a ripensare la questione napoletana. Non soltanto perché, scrivendo di Napoli, Nitti anticipava agli inizi del secolo il discorso sull'industrializzazione che sarebbe diventato attuale cinquant'anni dopo, nel secondo dopoguerra. Ma anche e soprattutto perché Nitti aveva intuito che c'è un rapporto geografico con Roma che condiziona le sorti di Napoli. Sennonché, Nitti riteneva che la vicinanza di Roma fosse stata per Napoli causa di decadirnento; e negli ultimi due decenni si è invece configurata una situazione grazie alla quale proprio la vicinanza con Roma potrebbe configurarsi come occasione di risorgimento napoletano: nel senso che sarebbe lecito costruire per l'Italia una ipotesi di equilibrato sviluppo metropolitano, assegnando all'asse formato dalle aree metropolitane di Roma e di Napoli, e dalle province intermedie, una funzione di equilibrio a livello nazionale rispetto all'asse .tradizionalmente domi~ nante nella geografia urbana e industriale del paese, che è l'asse formato dalle aree metropolitane di Torino e di Milano, con le sue ramificazioni e propaggini, che penetrano in quasi tutte le province dell'Italia nordorientale. Ma, se si vuole assegnare all'asse Ron1.a-Napoli questa funzione di equilibrio, è il polo più debole dell'asse ·che dev'essere risanato, potenziato, qualificato. Il problenta di Napoli e della sua area metropolitana, 61

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