Sandro Petriccione chimica fine e della parachimica », e quindi soggiungono che « le vendite all'estero dei prodotti chimici si presentano estremamente concentrate e le poste attive della bilancia commerciale risultano costituite essenzialmente dai saldi positivi concernenti alcuni prodotti di base di tipo orrnai tradizionale ». Le importazioni, al contrario, riguardano prevalente1nente i prodotti specializzati della « chimica fine ». E poiché i prodotti della chimica di base hanno minor valore per unità di peso, ne risulta che « il valore unitario medio delle n-zerci italiane esportate risulta perciò notevolJnente inferiore a quello delle merci importate: 90 lire/ Kg. contro 220 lire/ l(g. nel 1967 ». Ciò porterebbe a concludere che occorre sviluppare innanzi tutto la chimica secondaria e la parachimica; sorprendentemente invece la Parte Quarta del documento-ISPE riguarda esclusivan1ente la petrolchùnica da cracking termico, per la quale si propone un progra1nma di 1nassicci investin-ienti per un'ulteriore espansione della capacità di produzione di etilene (4.500 miliardi nel decennio 1970-80 di cui 1.200 nel triennio 1970-73), senza che venga data una giustificazione della scelta prioritaria effettuata, se non il rinvio ad altri programmi che dovrebbero essere successivamente definiti. Ma, rilevati i salti logici dei redattori del docun1ento, si deve osservare che non mancano certamente seri motivi per cercare di mettere ordine nel settore degli impianti che trasformano virgin nafta. Occorre - anche al fine di tutelare le risorse naturali, come è stato giustamente posto in luce da un articolo di 1vlarcello Vittorini sul Bollettino di Italia Nostra - porre tennine alla proliferazione lungo le coste dell'Italia Meridionale di centri petrolchimici integrati che utilizzano il processo di cracking termico. Ma non sono queste le preoccupazioni che muovono i redattori del documento. Infatti, nel campo della produzione di etilene, esso, per far fronte alle carenze dell'industria, che vengono individuate essenzialmente nel sottodimensionamento degli impianti e nella dispersione delle unità produttive, propone quella che deno1nina con abusata espressione una « strategia alternativa » ( p. 145) > la quale consiste nel concentrare nella Sicilia Orientale l'industria petrolchimica per fruire delle economie di scala che comporta la costruzione di un grande in1pianto di cracking termico in fase di vapore (ma di fatto per utilizzare le sovvenzioni per lo sviluppo industriale del A1ezzogiorno) e raggiungere le dimensioni ottime di impianto che oscillano secondo il docun1ento-ISP E dalle 300 alle 500.000 t/anno, nonché di costruire una rete di gasdotti che forniscano l'etilene agli utilizzatori così da ridurre sensibiln1ente i costi di trasporto. La concentrazione nella zona ori2ntale della Sicilia è inoltre favorita 56
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