Nord e Sud - anno XIX - n. 151-152 - lug.-ago. 1972

Un'industria e un quartiere alla periferia di Napoli compiacciono del meraviglioso risveglio del movimento sindacale, che segue le direttive del Partito socialista italiano». Pochi giorni più tardi Buozzi sottoscrive a Roma un accordo con la direzione generale dell'Uva che prevede la riassunzione degli operai licenziati, ma gli scioperanti, seguendo gli indirizzi di Bordiga, respingono il compromesso perché la Società non ha dato soddisfacenti assicurazioni in merito alle altre richieste avanzate dai dipendenti (minimi salariali, regolamento interno di fabbrica). Ha luogo un referendum nelle aziende di Napoli e della provincia con il quale le maestranze di tutti i settori devono pronunciarsi sull'opportunità di proclamare lo sciopero generalè. Su tredicimila votanti, soltanto poche decine si dichiarano contrari. Il 6 giugno, ventimila operai incrociano le braccia per una manifestazione che durerà sei giorni, manifestazione che « Il Mattino » accoglie favorevolmente « a patto che lo sciopero generale fosse definitivo e segnasse, anche a costo delle sofferenze della classe borghese, l'ultima tappa prima della pace del lavoro ». Gli industriali, a loro volta, tentano di spezzare il fronte sindacale, e in parte ci riescono, in quanto i portuali tornano al lavoro e i mezzi pubblici, malgrado l'adesione dei responsabili di categoria all'agitazione, circolano regolarmente in città. Dopo quarantacinque giorni di sciopero all'Uva, e sei di sciopero generale, le maestranze dello stabilimento sono costrette ad arrendersi per fame, e ad accettare un compromesso che frustra le loro aspettative e le speranze per le quali hanno così a lungo lottato. I licenziati vengono am·messi in fabbrica a condizione che paghino una penale (per avere lasciato, il primo giorno di sciopero, il posto di lavoro senza preavviso), mentre per gli altri problemi che erano stati sollevati non v'è alcun impegno preciso da parte degli organi dirigenti dell'azienda: la questione salariale sarebbe stata discussa in un secondo momento, l'azienda continuava a riservarsi il diritto di spostare nell'interno della fabbrica il personale, contrariamente a quanto era stato richiesto (questo, in sostanza, doveva essere uno dei punti fondamentali da definirsi con il regolamento interno). La prima azione di forza, pertanto, si risolve in una sconfitta per gli operai, i quali vedono aumentare le amarezze, le incertezze, i motivi di apprensione per la sorte loro e dello stabilin1ento in cui ,sono occupati. Qualche settimana più tardi, un nuovo sciopero all'Uva: non per motivi politici o sindacali, questa volta, ma in segno di protesta contro la mancata adozione, da parte delle autorità· municipali, di provvedimenti immediati in seguito al crollo parziale del tunnel di Fuorigrotta. La crisi del '21. - La situazione produttiva a Bagnoli diventa sempre più preoccupante, e si accentua la. tensione tra operai, sindacati, dirigenti 243

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==