Nord e Sud - anno XIX - n. 151-152 - lug.-ago. 1972

Un'industria e un quartiere alla periferia di Napoli tri. Nel momento dell'in•augurazione sono in funzione due altiforni che producono in media 400 tonnellate di ghisa al giorno; un terzo altoforno è· in costruzione e sono in fase di co1npletarnento i lavori dell'acciaieria, destinata a trasformare la ghisa in pani di acciaio. L'Ilva ha iniziato a lavorare un anno prima del giorno del suo battesin10, e nel 1910 ha prodotto 800.000 tonnellate di ferro. Nel corso della visita agli impianti il presidente della società, marchese Durazzo Pallavicini, dice che « questo grandioso stabilimento siderurgico, nel quale la nostra società ha già in1pegnato trenta milioni (e altri capitali si ripromette di destinarvi), nel quale già trovano lavoro oltre cento impiegati e più di duemila operai, è oggi il maggiore stabilimento industriale del Mezzogiorno e tra i più grandi di tutta Italia ». Anche il sindaco Del Carretto pronuncia un di,scorso: « L'Ilva, con i suoi poderosi impianti su questa costa dove splende l'eterna bellezza, e alla quale tanti ricordi si collegano attraverso la civiltà grecoromana, riaffern1a una nuova èra di fecondo lavoro, di quel lavoro che è uno dei più grandi fattori di progresso dei popoli ». Dopo le vibranti parole pronunciate il giorno dell'inaugurazione c'è da pensare, però, che I'Ilva non faccia più notizia: la vita dello stabilimento, i suoi progran11ni, le vicende difficili dei primi due anni di attività non sembrano destare alcun interesse. Nel 1911, per ottenere una maggiore concentrazione tra le industrie del ,settore, che consenta di far fronte alla concorrenza estera e della Gran Bretagna in particolare, attraverso una serie di accordi e di convenzioni viene costituito un consorzio tra le Ferriere Italiane, la Siderurgica di Savona, la Ligure Metallurgica, le Fonderie dell'Elba e di Piombino, le quali affidano alla Società Ilva il compito di gestire gli stabilimenti da esse dipendenti. La siderurgia, quell'anno, attraversa una crisi profonda: gli scioperi a oltranza nelle 1niniere dell'Elba e nelle acciaierie di Piombino inducono il complesso di Bagnoli a ridurre la produzione, mentre a questi eventi di natura interna si aggiungono fattori di carattere internazionale che aggravano ancor più la situazione: la guerra tra Italia e Turchia e il rincaro dei noli nel Mediterraneo. La richiesta sul mercato estero subisce una preoccupante flessione, i costi dell'Ilva e delle altre acciaierie italiane non consentono di reggere alla concorrenza. La crisi dura circa un anno ed è superata in virtù della concentrazione di settore, caparbiamente voluta e difesa da alcuni industriali nel 1911. Il villaggio diventa città. - La venuta dell'industria a Bagnoli incide nelle strutture di un villaggio arcaico, nel detenninarne un radicale mutam_ento, trasformandolo da borgo in quartiere, « polo » per nuovi insediamenti di popolazione, sollecitando anche programmi di in239

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