Nord e Sud - anno XIX - n. 151-152 - lug.-ago. 1972

Aldo Garosci fatto inattuate, tranne per i trasferimenti di potere già indicati, rimane. Va, essenzialmente, mutato il metodo. Questo mutamento porta, mi sembra, su due o tre punti essenziali. Anzitutto, per quella che è l'azione governativa, si deve mirare a ottenere tra le forze di governo accordi parziali e concreti, piuttosto che accordi su formule promettenti, che nascondono contraddizioni e dissensi di interpretazione. Bisogna, cioè, passare dai grandi piani di riforn1a non finanziati, a provvedimenti singoli, che rientrino in un ragionevole piano stabilizzatore, e che rimedino a mali concreti, a concrete ingiustizie. Non che sia personalmente contrario ai grandi piani di riordinamento amministrativo di tutta una materia: in questo campo anche politici che non ci hanno altrimenti lasciato fama di grandi, e che avevano la loro parte reazionaria o trasformista, hanno compiuto cose egregie: Rattazzi, Crispi, Zanardelli, persino il primo ministero formato dopo la marcia su Roma. Ma si tratta di operazioni che richiedono ordini costi tuzionali che non possediamo e di cui non possiamo a freddo e per questa sola ragione desiderare l'insediamento. Nelle attuali condizioni, l'unità delle « piccole riforme » che si sommano per farne una grande è affidata alla capacità del Presidente del Consiglio e alla fiducia che egli riesce a riscuotere dai compagni di cordata, i dirigenti la coalizione, chiamandoli a dividere responsabilità e pubblico credito per la sua azione. Ma un'azione governativa di questo tipo comporta un grandissimo senso di responsabilità nei partiti coalizzati anzitutto, e poi via via nel paese. Nei partiti coalizzati: poiché riforme del genere da noi propugnato comportano sacrifici; e i sacrifici, per definizione (e come ben sanno prima di tutto i rivoluzionari) sono sopportati dal popolo. Le riforme devono perciò apparire a chi se ne avvantaggia non come risultato di « lotte », ma di organizzazione: di abilità contrattuale, certo, ma soprattutto della capacità di osservare il contratto, concluso in una prospettiva di sviluppo. Perché è impossibile alla società avvantaggiarsi in un punto senza qualche rinuncia in un altro. Incominciano a rendersene conto anche i più avanzati economisti moderni: non si tratta certo di tornare alla « legge di bronzo dei salari » o al « fondo salari » prefissato; ma, pur nello sviluppo dinamico della produzione, i costi permangono. È l'organizzazione successiva alla riforma che deve essere superiore alla precedente; non solo più civile, più umana, ma dove possibile più redditizia, e comunque più redditizia in termini· di buona volontà, di sicurezza, di armonia sociale. Non è dunque possibile che 14

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==