Una ristrutturazione lunga un secolo l'industria dell'abbigliamento e sulla congiuntura. Sulle strutture professionali, in quanto, « in ragione dell'evoluzione tecnologica e della maggiore utilizzazione delle fibre chimiche, non corrispondono più all'idea tradizionale di un'industria che diviene sempre più interdipendente ». Sull'industria dell'abbigliamento, dal momento che « le prospettive a venire dell'industria tessile sono necessariamente condizionate da quelle dell'industria dell'abbigliamento ». Sulla congiuntura, in quanto le fluttuazioni congiunturali « hanno una incidenza molto sfavorevole sull'utilizzazione dei capitali, sull'andamento degli stocks, sui prezzi e redditività », e non è quindi « possibile prevedere una politica settoriale che comporti tutte queste variazioni senza integrarle in una azione più vasta» 9 • I rischi non sono, dunque, tanto nelle previsioni di mercato, quanto nella capacità concorrenziale dell'industria tessile, o 1neglio nella sua capacità di adattamento al progresso tecnologico, agli orientamenti della moda ed agli sviluppi della competizione internazionale. « Nello stesso Biellese » - scrive Ugo Ronfani su « Il Giorno » del 18 maggio di quest'anno - « si dà il caso di due grandi ditte con lo stesso nome; una prospera e l'altra è in difficoltà ». Anzi, aggiunge lo stesso Ronfani, « H confronto tra l'industria biellese e quella di Prato, alle prese con gli stessi problemi, è estremamente istruttivo. Quella di Biella stenta a riconvertirsi, dorme sugli allori di un prestigio sempre più fragile perché la rivoluzione del 'pret-a-porter ', il trionfo del consun1ismo nell'abbigliamento hanno scardinato i vecchi sistemi di produzione e, paradossalmente, trasformato in ' handicap ' la superiorità qualitativa dei tessuti. L'industria di Prato, invece, grazie al suo coefficiente di adattamento, è riuscita a passare con1e la salamandra nel fuoco attraverso una crisi di riconversione che avrebbe potuto essere grave; s'è inserita con spirito di iniziativa nel settore in sviluppo della lana cardata ed ha saputo contenere ragionevolmente i costi, col risultato che vende senza difficoltà sui mercati americano, tedesco e perfino giapponese ». Di qui le scelte di fondo, di cui si diceva, e che non riguardano soltanto l'indirizzo produttivo di un'industria tessile diversa da quella tradizionale, ma anche il Mezzogiorno. L'indirizzo produttivo, se è vero che si concorda, e tutti gli esperti sembrano concordare, sul fatto che l'industria tessile può ancora avere un suo spazio ed un suo ruolo, anche se meno ampio e detern1inante e socialmente meno rilevante che nel passato, a condizione che si trasformi in un'industria marketing oriented. · In una industria, cioè, capace di arrivare· alla distribuzione finale del 9 Del « Rapporto De Brandt » una esauriente sintesi è stata fatta dalla rivista « Successo>> nell'articolo Il futuro dell'industria tessile, a cura di ANNA BARTOLINI, nel numero di settembre del 1969. 147
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