INDUSTRIA Una ristrutturazione lunga un secolo di Italo Talia 1. L'ultima notizia sul fronte dell'industria tessile riguarda (l'informazione la ricaviamo da « L'Espresso » del 28 maggio scorso) l'appello rivolto da tredicimila lavoratori che rischiano di essere licenziati all'ex Ministro del Lavoro Donat Cattin, affinché la GEPI (una finanziaria di recente costituzione con capitale di 60 miliardi fornito dall'IRI, ENI, EFIM ed IMI e che ha il compito di intervenire nei settori industriali in crisi) salvi 19 aziende che « non possono aspettare ». Ma le aziende tessili e dell'abbigliaID:ento che non possono aspettare sono molto più numerose. Fino ad oggi sembra che siano 500 le domande presentate al Ministero dell'Industria per potere usufruire dei finanziamenti previsti dalla recentissima legge su11a ristrutturazione e la riconversione di industrie tessili o dell'abbigliamento. E le domande giungono tutte, o quasi tutte, dalle zone a « monocellula tessile » del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e della Toscana. Circostanza che spiega, da un lato, l'interesse dell'ex Ministro del Lavoro a « salvaguardare i centri di lavoro, se no nel 1972 perderanno il posto altri 30-35 mila lavoratori tessili», e, dall'altro, l'accesa polemica sulla funzione e sulle zone d'intervento della GEPI, e come raccordare tale funzione e tali zone con la politica di intervento e di industrializzazione nel Mezzogiorno. Infatti, se è vero che l'industria tessile italiana ha perduto negli ultimi venti anni oltre 200 mila occupati, è anche vero che i 500 mila che restano sono ancora prevalentemente concentrati nelle regioni del Centro-Nord: circa 200 mila in Lombardia, quasi 100 mila in Piemonte, 10 mila in Toscana, poco meno di 50 nel Veneto ed altri 30 mila in Emilia~Romagna. Di qui un primo interrogativo: come è possibile conciliare l'intervento della GEPI nelle regioni dell'Italia settentrionale e centrale per il salvataggio dell'industria tessile, con la -necessità di un eguale intervento nel Me'zzogiorno per il recupero dell'industria molitoria e di pastificazione o dell'industria conserviera egualmente in crisi? Primo interrogativo, cui -se ne aggiunge un secondo. Come sarà possibile conciliare la riconversione delle produzioni tessili tradizionali nel Centro e nel 139
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