Le Regioni e il Programma Il fatto che nel disegno di legge sulle procedure della pianificazione i piani regionali entravano in scena solo in un secondo 1nomento e i criteri per l'articolazione regionale venivano forniti dal centro in un tipico rapporto di pianificazione dall'alto, può essere criticabile. Ma ancora più criticabile è il fatto che nel Programma 1971-1975 i piani regionali siano addirittura scomparsi. A nostro avviso, infatti, il piano regionale rappresenta il principale strumento di cui la Regione deve avvalersi per valutare le proposte del piano nazionale e richiedere modifiche o prospettive alternative. Finché le Regioni si lin1iteranno a esprimere pareri del tutto generali sugli obiettivi e le azioni del piano nazionale, senza riuscire a mostrare in quale misura queste scelte divergano da quelle loro proprie, il rapporto Stato-Regioni neìla pianificazione avrà ben scarso significato. Ci si chieàerà con1e si possano conciliare in ultima analisi le diverse visioni che lo Stato e le Regioni hanno delìo sviluppo del paese. È logico attendersi che si giunga a una soluzione di compro1nesso: tutto sta ad ideare un rneccanisn10 che consenta di raggiungerla. Evidentemente, un tale meccanismo verrebbe a inquadrarsi nell'ambito del metodo di pianificazione regionale che abbiamo indicato come via intermedia tra la pianificazione dal basso e la pianificazione dall'alto. II richiamo al disegno di legge suJle procedure che abbiamo fatto mostra, inoltre, come in quella sede fosse stata prospettata la necessità di articolare il piano nazionale per regioni. Anche a una tale esigenza il Programma 1971-1975 non fa cenno, per cui è lecito supporre che l'articolazione regionale era tutt'al più rimandata alla fase ulthna, pura1nente operativa, del piano. Questa scelta ha già di per sé un enorme significato. Se l'articolazione regionale avesse, infatti, l'unico scopo di realizzare la più efficiente localizzazione delle nuove attività, il suo rinvio alla fase operativa non comporterebbe probabilmente dei grandi inconvenienti. Ma se essa ha anche un compito di riequilibrio non è possibile rinviarla perché le stesse scelte nazionali e settoriali vengono in gran parte condizionate dalle situazioni regionali. Forse sarebbe stato troppo pretendere un'articolazione regione per regione. Ma si sarebbe certamente potuto prendere in considerazione un nun1ero limitato di aree economiche interregionali e provvedere all'articolazione del piano nazionale almeno con· riferimento a queste. Una proposta di questo tipo avrebbe potuto avvalersi di un apporto consistente di studi e dibattiti svoltisi nel passato 3 • 3 Cfr. M. BALESTRIERI TERRASI, Strutture territoriali e programmazione in « Nord e . ' Sud», n. 177-178, 1969. . 121 •
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