Marinella Balestrieri Terrasi Si riconosce, cioè, che la localizzazione delle nuove attività non deve essere determinata in funzione della crescita globale del paese, ma nell'interesse delle singole regioni che lo compongono. Sembra, infatti, essersi diffusa la convinzione che, affrontando un problema di localizzazione in termini di efficienza produttiva al livello nazionale, si finirà molto probabilmente con decidere a favore di una concentrazione degli investimenti. Una tale convinzione non si basa tanto sulle conclusioni della teoria economica, la quale ha parlato di sviluppo regionalmente bilanciato o sbilanciato come strategie ugualmente valide per il conseguimento della massima crescita nazionale, quanto sulla constatazione che di fatto quasi tutti i paesi presentano nel quadro del proprio sviluppo problemi di disparità regionali. Secondo questo modo di vedere, gli obiettivi regionali devono essere introdotti esplicita1nente in un modello di pianificazione. Vi sono essenzialmente due modi in cui è possibile fare questo in un modello di programmazione matematica: 1) massimizzazione di una somma ponderata di diversi obiettivi; 2) massimizzazione di un singolo obiettivo, mentre i rimanenti sono trattati come vincoli. Per ese1npio, si potrebbe avere come obiettivo generale la massimizzazione del prodotto nazionale e come vincoli la percentuale del prodotto totale da generare in ciascuna regione. Una formulazione alternativa sarebbe quella di avere come obiettivo una somma ponderata dei prodotti di ciascuna regione, in modo da incanalare in alcune regioni più sviluppo di quanto risulterebbe da una massimizzazione con pesi uguali e nessun vincolo di carattere regionale. Ciò che caratterizza l'impostazione della· pianificazione regionale dall'alto, è il fatto che le scelte regionali, siano esse dettate da motivi di efficienza, di uguaglianza distributiva o da qualsiasi altro motivo, vengono decise a livello nazionale. Si riconosce, cioè, la maggiore pre, disposizione dell'autorità centrale ad effettuare delle scelte che comportano la necessità di confronti interregionali e delle conoscenze sulla situazione complessiva dei singoli settori che difficilmente può aversi a livello delle Regioni. In un tale quadro, le Regioni vengono chiamate a fornire una serie di informazioni sulla situazione locale, di cui il centro si avvarrà per decidere sulla localizzazione. Diverso è il modo di procedere della pianificazione regionale dal basso. Essa parte dal presupposto che ai livelli regionali sia più facile intendere gli obiettivi della collettività e valutare le implicazioni delle diverse misure di politica economica; suggerisce, pertanto, di formulare anzitutto un piano di sviluppo regionale. Il piano nazionale diventa, invece, il punto di arrivo del processo di pianificazione, che procede 116
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