Giornale a piu voci Dai dati ottenuti, è risultato che in Italia siamo, o per meglio dire eravamo alcuni mesi fa, poco più di 54 milioni, rispetto ai 50,6 milioni registrati nel penultimo censimento di dieci anni fa. Abbiamo avuto quindi un incremento notevole, di 3.400.000 unità: circa il 6,7 per cento in più rispetto al 1961. Ora, quello che ci preme mettere in luce e su cui ci sembra opportuno spendere qualche parola, non è tanto il dato globale della popolazione che, così, nudo e crudo, non dice molto, quanto piuttosto le variazioni che si sono verificate nelle singole regioni e zone italiane a causa dei movimenti migratori interni che purtroppo continuano a depauperare le regioni mridionali a vantaggio, oltre che di quelle settentrionali, anche di numerosi paesi esteri. E così, in base ai dati di quest'ultimo censimento, ci è possibile quantificare i risultati di questo fenomeno e trame le relative e purtroppo tristi considerazioni. La popolazione dell'Italia settentrionale, che dieci anni or sono era pari a 22,7 milioni, è passata oggi a 24,9 milioni di abitanti: e cioè, dal 44,8 al 46,1 per cento. Quella dell'Italia centrale, nello stesso lasso di tempo, è passata da 9,4 milioni a 10,3 milioni di abitanti: e cioè, dal 18,5 al 19,1 per cento. Invece, quella dell'Italia meridionale ed insulare è rimasta grosso modo uguale, in quanto è passata solo da 18,6 milioni a 18,8 milioni di abitanti, scendendo così in percentuale dal 36,7 al 34,8 del totale della popolazione italiana. Inoltre, con riferimento sempre a queste tre ripartizioni geografiche, si può anche osservare che tra il 1961 ed il 1971 l'incremento di popolazione nell'Italia settentrionale è dovuto per 1 milione e 303.207 unità al saldo del movimento naturale e per 955.612 unità all'eccedenza degli immigrati sugli emigrati, mentre nell'Italia centrale è dovuto p r 712.037 unità al movimento demografico e per 205.284 unità alla eccedenza degli immigrati sugli emigrati. Nell'Italia meridionale ed insulare, invece, l'incremento complessivo (soltanto 225.502 unità) risulta inferiore all'incremento naturale (2 milioni e 543.342 unità) di 2.317.840 unità; il che conferma purtroppo che qu sta parte d'Italia ha continuato ad alimentare forti correnti migratorie tanto verso le restanti regioni italiane che verso l'estero. E ciò è triste. È triste perché dimostra come il male che si sperava guarire con il passare degli anni è purtroppo rimasto; ed è rimasto tra l'altro a cifre e valori così elevati che appare attualmente assai difficile poter giungere ad una sua eliminazione e quindi ad una risoluzione del problema. Vogliamo dire, cioè, che il fenomeno migratorio dalle regioru meridionali continua a manifestarsi; e conseguentemente si delinea, assoluta ed immediata, la necessità di una più attenta politica rivolta a rimuovere le cause reali di questo fenomeno, a riassorbirlo, per evitare i pesanti costi umani ed economici che esso inevita.bHmente comporta. È fondamentale, quindi, l'attuazione di una attenta politica regionale di sviluppo che impedisca il definitivo depauperamento, dal punto di vista délla manodopera, di queste regioni, e provochi poi il rientro dei lavoratori già emigrati. Infatti, se oggi si facesse una previsione della condizione tra qualche anno delle regioni meridionali, già ci troveremmo per alcune di esse (Abruzzo, Molise, Basilicata) di fronte alla prospettiva di dovervi trasferire manodopera, oppure di tentare il reoupero di quella che è andata all'estero. Occorrono, 89
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