Sebastiano Maffettone Galbraith, economista e scrittore liberal, cioè progressista, non è certamente di questo avviso. Convinto assertore che le condizioni economiche costituiscano un quadro imprescindibile, tenta un recupero ed una rivalutazione del momento economico come mezzo al fine dello sviluppo umano. La sua analisi non si accontenta dei soliti strumenti economici, teorie di prezzi produzione e redditi. Si serve dei contributi più vari - ecologia, urbanistica, psicologia aziendale - e in particolare di due specializzazioni tipicamente americane: la teoria dell'impresa e quella delle decisioni. Nelle scienze naturali si ha la fortuna che teoria e prassi coincidono nella scoperta. Nelle scienze sociali, però, non bastano gli adeguamenti teorici, in materia dei quali, dice Galbraith, gli economisti sono dei grandi innovatori. Occorre fare i conti con i mutamenti della realtà, rispetto ai quali la scienza arriva sempre in ritardo, come l'uccello di Minerva di hegeliana memoria che rappresenta la filosofia ponentesi alla fine del ciclo del reale. Ma alla necessità logica non devono accoppiarsi pigrizia e conservazione. La realtà americana è indubbiamente quella di una società opulenta, the affluent society del titolo di un precedente libro di Galbraith. Ciò, lungi da far pigro e contento l'economista serio, deve spingerlo a porsi la domanda: perché questa società, con tutti i mezzi che ha a disposizione, non riesce a risolvere i problemi che tuttavia l'affliggono? Nevrosi, guerra, minoranze etniche ed economiche, inquinamento dell'aria e dell'acqua sono patrimonio americano non meno dei viaggi sulla luna o della Generai Motors. « Nella società povera le considerazioni economiche non solo condizionano gli atteggiamenti sociali, ma specificano rigidamente i problemi cui si dovrà accordare priorità ... Ma quando la gente, nell'insieme, si trova in una situazione di maggiore benessere economico, si constata un analogo e diffuso allentamento dell'economia sugli atteggiamenti sociali. L'aumento della produzione non comporta più una diminuzione -di sofferenze». Ciò nonostante gli obbiettivi economici conservano gran parte del loro prestigio di un tempo. Forza della tradizione ed interessi costituiti, insistendo suU'aumento dell'efficacia produttiva, rendono più difficile la riflessione sui problemi indicati. Ma successo economico non significa massima quantità di beni prodotti. Nella attuale situazione americana significa razionalizzazione del processo produttivo. Galbraith insiste sulla necessità di colmare la sproporzione esistente tra consumo privato e consumo sociale e sulla qualificazione della spesa pubblica. Il compito spetta allo Stato. Ma chi è lo Stato? Oggi tende ad identificarsi con la « tecnostruttura», cioè con i dirigenti delle grandi imprese. E ne fa propri i fini. Democrazia economica e democrazia politica procedono di pari passo: se la « sequenza aggiornata» va dal produttore al consumatore! i fini della società non sono più quelli del pubblico. E dell'individuo. Ma se il sistema industriale, insieme con lo Stato, costituisce un establishment saldissimo, sono possibili vie di uscite? E quali? Per Galbraith, compito dello studioso è più l'analisi di una situazione che la previsione dei suoi sviluppi futuri. Ma qui la critica della «cultura» si presenta anche come 84
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