Nord e Sud - anno XIX - n. 150 - giugno 1972

Manlio di Lalla dai toni mistici e fideistici e una duttile gestione del potere, non protagonista della dialettica garantismo-pluralismo, ma vittima di questa dialettica. _ Il liberalismo antifascista degli anni 50 era destinato a subire altre battute d'arresto, sul terreno della freschezza d'intuizione, proprio perché la diseguaglianza della struttura del nostro contesto, con gli inevitabili scompensi che hanno condizionato non solo Nord e Sud ma singole regioni, nonché l'azione slegata dei numerosi corpi intermedi, non ha facilitato un discorso di prospettive unitarie. Al contrario, i ceti medi, cioè quei ceti più propensi per tradizione e per cultura ad acquisire la lezione liberal-democratica, sono stati confiscati da seduzioni diverse e contraddittorie. Il liberalismo antifascista finiva così per confinare talvolta con il suo contrario, con il sanfedismo afascista, per quello che riguardava il controllo di vaste frange d'opinione pubblica, oppure, non sempre definiva la propria azione nei confronti di quello che negli anni 60 sarebbe diventato il suo interlocutore più pericoloso, il radicalismo autoritario e tecnocratico, tutto proteso a svuotare dall'interno la lezione dell'antifascismo. Vi è stata così per circa un quindicennio una vasta zona di nessuno in cui la borghesia italiana ha scontato le proprie tare qualunquiste, un agnosticismo di fondo, un male dell'anima -che ne ha caratterizzato tanta parte dell'itinerario. Prodotto delle elusioni della coscienza democratico-liberale italiana, anche, se vogliamo, delle sue frustrazi_oni, una nuova dimensione, sostanzialmente neutra dal punto di vista ideologico e morale, ha tenuto il campo. Tutti i vari momenti di qualunquismo politico degli anni 50 e degli anni 60 trovano quindi la loro spiegazione. Dall'iniziale ondata qualunquista al populismo monarchico dell'ultimo quindicennio, dal lassismo politico e morale che ha condi?ionato sia molte frange dell'elettorato dei partiti tradizionalmente democratici che le componenti più vistose di una destra tardiva e liturgica, una forma marcata di pacchianeria, di sensibilità folcloristica ed epidermica, il gusto tutto italico per il bel gesto e per la retorica magniloquente sono stati, ripetiamo, il prodotto della mancanza di una riforma morale, condotta in profondità, in chiave etico-religiosa, da parte dei nostri intellettuali democratici. Certamente, di tutto ciò si possono invocare diverse ragioni a discolpa: dalle strutture poco omogenee che non hanno facilitato un processo pedagogico consapevole ed hanno, al contrario, sollecitato il pluralismo ideologico, alla difficoltà della chiarificazione, in termini spe70

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