Editoriale È stato nel corso della campagna elettorale che La Malfa ha espresso le sue preoccupazioni per le industrie che non sono più in grado di provvedere agli ammortamenti; e quindi per il paese che vive consumando il patrimonio, come quella famiglia che comincia col vendere i mobili del salotto, poi vende quelli della sala da pranzo e alla fin.e non gli resta che vendere i letti. Ed è stato subito dopo la campagna elettorale che queste preoccupazioni si sono dimostrate più che allarmanti, dal momento che Cefis, Carli, Petrilli, Pirelli hanno detto le cose che hanno detto sulla situazione nella quale versa l'industria italiana che nel 1971 ha perso complessivamente 400 miliardi. Tanto più che, se son.o in crisi la Montedison e la Pirelli, sono assai più in crisi le medie industrie; e che, se il problema degli amn1.ortan1enti si aggrava per l'ENEL e per talune grandi imprese a partecipazione statale, o privata, esso è diventato drammatico per le piccole e medie industrie che, create negli anni del cosiddetto « miracolo economico », avevano assicurato quantitativamente le più cospicue possibilità di occupazione extra-agricola anche in regioni che prima degli anni '50 erano prevalentemente agricole. Se poi consideriamo gli effetti della crisi nei confronti della politica di sviluppo del Mezzogiorno, possiamo ben dire che essi risultano tali da compromettere forse addirittura irrin1.ediabilrnente i programmi di industrializzazione che erano stati formulati e perfino sbandierati negli anni scorsi. Se è vero, infatti, che, malgrado qualche rallentamento, i programmi della Fiat e dell'Alfa-sud sono stati portati avanti, è anche vero che per quanto riguarda i prograrnnzi della Pirelli si è parlato non di rallentamento ma di slittamenti; è anche vero che per il V centro siderurgico si è parlato di ridimensionamento e si potrebbe parlare di ripensamento; è anche vero che per l'Aeritalia le difficoltà non consistono soltanto nella scelta della localizzazione per il nuovo stabilimento. Si proietta minacciosa, d'altra parte, sul prossimo futuro, la ormai imminente stagione dei rinnovi contrattuali e non si sa come e se le confederazioni potranno imporre alle federazioni impegnate per questi rifl,- novi un minimo di senso degli interessi generali, quanto meno degli interessi generali di tutti i lavoratori dipendenti. Le « piattaforme » elaborate dalle singole federazioni risultano, infatti, viziate da una logica di categoria e sono tali che, se non fossero riviste e corrette, l'economia industriale del paese subirebbe la mazzata definitiva ed i lavoratori di3 I
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