L'industria chimica fra due Piani tica. Perciò, su di un piano freddamente efficientistico, il dottor Cefis non poteva scegliere tempi più propizi per scrollarsi di dosso il peso, ormai insostenibile, di un gigante malato, appesantito dalle « cure » indolori di un collegio di dottori succedutisi con eccessiva rapidità ad un capezzale per lunghissimo tempo vigilato dal solo medico di famiglia. Che, poi, i problemi della Montedison siano più suoi che dell'industria chimica in quanto tale, è altro discorso, che ci porterebbe ben lontano, alla ricerca di remote responsabilità. La chimica manifatturiera, infatti, non soffre per nulla di uno stato patologico di crisi, bensì, un po' come tutta l'industria italiana, risente dei mali derivanti dalla congestione degli stabilimenti e dalla polverizzazione delle imprese. A questi mali, epidemici, del tessuto industriale italiano, la chimica fine aggiunge un certo stato di disagio che le viene dai difficili rapporti con la concorrenza straniera; cioè, né più né meno di quanto capita negli altri settori produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico. La presenza straniera nel settore manifatturiero è legata allo spostamento del centro degli interessi, che, distolto dalle lavorazioni primarie, monopolizzate dai grandi gruppi italiani, si è rivolto verso le attività a più elevato valore aggiunto, che costituiscono la vera « polpa » del settore chin1ico. Ma, essenzialmente, i chimici stranieri hanno potuto sfruttare il vantaggio del proprio patrimonio di ricerche, consolidato in anni di attività, arricchito dalla messa a punto di tecnologie sempre più sofisticate; e, quindi, la loro concorrenza si va facendo sempre più temibile. D'altra parte, la chimica fine italiana, già forte sui mercati esteri per la diversificazione e qualificazione delle produzioni offerte, a breve termine, punta su di un incremento del 50% delle proprie esportazioni. Sicché, in termini globali, il pericolo straniero immediato appare molto ridimensionato. Diversa cosa, invece, è la polverizzazione delle aziende; perché, se da un lato essa favorisce un'estrema adattabilità ,del sistema produttivo all'evoluzione dei gusti e ai mutamenti di mercato, dal1' altro lato rende difficile una sana programmazione delle produzioni, esaspera i termini dei rapporti di concorrenza con l'introduzione di artifizi di vendita che elevano innaturalmente i costi e rende minime le possibili economie di scala, realizzabili in diverse condizioni, in numersi settori produttivi. Proprio. in funzione di un tentativo di realizzazione di forme d'integrazione orizzontale delle. produzioni manifaturiere, da parte 31
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