Roberto Berardi accentua quando l'immigrato è in una classe con maggioranza di autoctoni e con insegnanti autoctoni. La sua situazione anche psicologica migliora, invece, se la maggioranza dei compagni di classe è immigrata da poco con lui, e se il docente è pure lui immigrato: quest'ultimo può rendersi conto meglio delle situazioni di partenza e quindi adeguare meglio il proprio insegnamento al livello attuale e ai bisogni scolastici degli alunni. Ma quest'ipotesi non sempre si realizza e allora dinanzi all'immigrato si profila la possibilità dell'insuccesso scolastico. Se circostanze molto favorevoli non lo aiutano, e poco a poco egli perde terreno rispetto ai compagni, si demoralizza e, magari, più tardi abbandona. Il doposcuola non sempre è sufficiente a porre rimedio al suo svantaggio socioculturale passato e presente. L'insegnamento individualizzato poi, con classi numerose, è poco più che un'intenzione. Qualche risultato positivo si ottiene talvolta, nella scuola media, con le classi di aggiornamento ad effettivi ridotti; queste classi presentano però inconvenienti ben noti (ritardi nel loro avvìo; mancanza di stirnoli vicendevoli tra i ragazzi che sono tutti di livello modesto; effetto deprimente là dove si diffonde la convinzione che si tratti di « classi degli asini » ), per cui in molte scuole si preferisce non organizzarle affatto. Torniamo dunque all'ipotesi meno favorevole, del ragazzo che entrando in una scuola del Nord scopre ]a propria impreparazione culturale e tecnica, e non riesce a tenere il passo, e tanto meno a ricuperare lo svantaggio iniziale. Qual è_ l'atteggiamento della scuola? Una posizione radicale è quella assunta da coloro che dicono: non il ragazzo, ma la scuola e la società sono colpevoli; inoltre la scuola dell'obbligo non deve selezionare; perciò il ragazzo va promosso indipendentemente da ciò che sa o non sa. I gradi di questa posizione sono diversi: si va dalla stretta sufficienza elargita al singolo nello scrutinio di fine d'anno (ma dopo che nel corso dell'anno le valutazioni hanno rispecchiato normalmente il livello reale di non-sufficienza del ragazzo), alla promozione generalizzata preannunciata a tutta la classe sin dall'inizio dell'anno scolastico (ma conservando una certa differenziazione nella valutazione dei singoli allievi, in modo da rispecchiare il diverso grado di maturazione raggiunto da ciascuno), al « voto politico » o « voto unico dequalificato » (il sette o l'otto a tutti gli alunni in tutte le materie, assegnato come « non-voto », per protestare contro la ·« società selettiva » e contro la classificazione voluta dalla legge). 20
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