Nord e Sud - anno XIX - n. 150 - giugno 1972

La rivoluzione improbabile prodotto, parla dell'assenza « dell'impulso alla forma », cioè del « senso del limite », della felicità « sempre precaria e imperfetta di realizzarsi nel limite». Venendo a mancare questo impulso, « la rivoluzione, che è soprattutto rivoluzione contro le forme, ha trovato allora il suo terreno adatto ». Ma, ancora una volta, qual è la forma venuta a mancare? quale il « senso del limite » di cui il pensiero rivoluzionario è privo? Piaccia o non, la controspinta che finora ha impedito il dilagare dell'astratto ideale rivoluzionario è stato il senso della storia: esso implica l'accettazione del fatto che ogni «finito» (e la società· umana· è un « finito » e non potrebbe essere altro) deve assumere provvisoriamente una forma, una struttura entro cui realizzare, di volta in volta, le proprie potenzialità, salvo modificarla quando essa diventa un ostacolo a questa realizzazione. Ma capire, e soprattutto accettare questo, non è facile: è molto più semplice pensare all'incondizionato, all'assoluto. Tra l'altro è anche comodo perché in tal modo, volendo cambiare tutto, ci si risparmia la fatica di cambiare intanto quello che si può. GIROLAMO COTRONEO 15

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