, La rivoluzione improbabile dalla rivoluzione non può essere prefigurata: si sa soltanto che, come l'opera d'arte, sarà « bella »; nel caso non lo fosse, vuol dire che non è riuscita e si dovrà ricon1inciare daccapo. Il discorso, come si vede, è suggestivo e rende efficacemente quel molto di estetismo che caratterizza il rivoluzionarismo contemporaneo: ma, come si diceva prilna, l'idea di un rivolgimento generale che darà vita a un « nuovo mondo » impossibile da prefigurare è assai vecchia; e Mathieu lo ha dimostrato ancora una volta con estrema finezza. Gran parte del suo lavoro, infatti (che vuole essere un'analisi fredda, e spersonalizzata al massimo, della fenomenologia - in senso proprio hegeliano - della rivoluzione: l'autore vuole fare emergere il senso globale e unitario che sta al fondo di una serie di fatti che in sé considerati parrebbero senza senso; naturalmente questo senso è, alla maniera di Hegel, per noi; potrebbe quindi anche non coincidere con quello attribuitogli dalle personae protagoniste degli eventi tolti in considerazione), gran parte del lavoro del Mathieu, dicevamo, ricerca (ritrovandole) le non poche analogie fra il pensiero religioso e quello rivoluzionario di oggi. Come il cdstiano antico vedeva soltanto in Dio la propria salvezza e trascorreva la vita nell'attesa (e preparandosi ad esso) del « grande giorno » in cui tutto sarebbe stato finalmente risolto, così il rivoluzionario attende (e prepara) il momento della catarsi finale: soppressa la prospettiva trascendente, scrive Mathieu, buona per chi ama il mito, si accoglie il concetto della salvezza dell'uomo non più attraverso il sacrificio di Dio, ma attraverso il sacrificio dell'uomo stesso. L'esortazione evangelica alla rigenerazione dell'uomo, diventa per il rivoluzionario del tutto accettabile: basterà guarire dalla debolezza di attendere, per il raggiungimento di questo fine, l'al di là. Così, « la speranza nella rivoluzione non è il semplice surrogato della speranza nella vita eterna, è la medesima speranza, secolarizzata>>; ed essa, « come il Dio di Rilke [ ...] non può essere che un ' Dio futuro ', una bellezza ' non ancora av- . ' venuta mai ». Tutto il discorso di Mathieu rafforza il convincimento sulla precarietà che il concetto di rivoluzione, quale viene oggi formulato, presenta: non per nulla Raymond Aron ha definito, corp.e Luigi XVIII Ja sua camera dei depu~ati, « introuvable » la rivoluzione contemporanea. Posta infatti nel modo in cui Mathieu ne ha descritto la fenomenologia, essa non potrà mai realizzarsi: potranno for~e aversi delle rivoluzioni ché muteranno qualcosa, ma la rivoluzione, quella definitiva,. non c1 sarà mai (e questo dovrebbe 13 '
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