Nord e Sud - anno XIX - n. 150 - giugno 1972

Girolamo Cotroneo la rivoluzione « rigenera la realtà intera, non potrà esserci più di una r'ivoluzione ». Essa, dunque, « una volta riuscita, metterebbe tutte le cose a posto: quindi non ci sarebbe ràgione per farne un'altra»; per cui se « una rivoluzione non è definitiva, vuol dire che non è la vera », ma, « sarà, al più, una tappa, che non n1uta sostanzialmente nulla, ma indica la direzione ». Questa idea di una rivoluzione totale, di una rivoluzione definitivamente rigeneratrice del genere umano, è vecchia e nuova a un tempo. È nuova in quanto si differenzia radicalmente da quelle che sono state le linee lungo le quali si sono mosse le due grandi rivoluzioni dell'età moderna, quella francese e quella russa. Infatti in ognuno dei due casi i rivoluzionari lavoravano su idee precise, precedentemente elaborate dai filosofi: il modello della società da costruire lo avevano, almeno nelle linee essenziali, presente; gli obiettivi da perseguire, sicuri. Il rivoluzionario moderno, di cui prirna ha parlato Mathieu, si pone invece da una prospettiva, diciamo così, totalizzante: l'esperienza delle due rivoluzioni precedenti, conclusasi l'una con il bonapartismo e l'altra con lo stalinìsn10, se da una parte hanno indotto alcuni filosofi (di cui la posizione del Croce sopra indicata rappresenta il paradigma) a non credere molto nell'efficacia liberatoria delle rivoluzioni, dall'altra hanno spinto in direzione opposta verso posizioni assai più radicali. Le precedenti rivoluzioni, infatti, avrebbero fallito il loro scopo perché, come si è potuto vedere alla distanza, avevano soltanto sostituito delle strutture con delle altre: e queste avevano finito con il deteriorarsi anch'esse. Da qui la « nuovissima » idea di rivoluzione: se le precedenti hanno dato vita soltanto a differenti strutture, la nuova rivoluzione dovrà abolire qualsiasi struttura; se esse hanno sostituito una legislazione con un'altra, bisognerà abolire la legislazione; se un potere ha preso il posto di un altro, bisogna abolire il potere, e così via. Ponendosi in tal modo la questione, Mathieu ha ragione nell'avanzare un'efficace analogia fra questa particolarissima maniera di intendere la rivoluzione e l'attività artistica: come l'artista mentre esegue la propria opera neppure lui sa ancora come essa effettivan1ente sarà, ma lo vedrà soltanto a opera compiuta, allo stesso n1odo il moderno rivoluzionario non vuole progettare il prodotto in ariticipo perché sa « che non potrà produrlo lui ' ad arte ': sa che potrà solo lavorare perché si determini da sé». Così, come « l'opera bella non può essere progettata solo tecnicamente [ ...] perché nessuno sa ancora come sarà », la nuova societa che uscirà 12

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