Nord e Sud - anno XIX - n. 149 - maggio 1972

Argo1nenti tripla di quella lombarda. Nel 1931, però, Morandi rilevava l'en1ergere di « fattori potenti di mutamento ». Già la Campania e l'Abruzzo si trovavano in una condizione senz'altro migliore delle altre regioni meridionali appena citate. A questo poi venivano ad aggiungersi la Calabria e la Sicilia con gli impianti della Sila (7-800 milioni di Kwh annui) dai quali « grandi linee di distribuzione si dovrebbero irradiare verso l'estremo sud della penisola, venendo portate anche al di là dello stretto e, in senso opposto, verso Salerno e verso le Puglie ». Allo stesso modo gli impianti del Tirso costituivano un altro esempio « di grandi opere idrauliche destinate alla sistematica collezione dell'elemento che da natura tanto avaramente e malan1ente si comporta in queste terre» assicurando la produzione di oltre 300 milioni annui di Kwh. Tra il 1933 e il 1939 e, quindi, alla vigilia della seconda guerra mondiale, la produzione di energia elettrica passò da 11,6 a 18,4 miliardi di chilowattore, con fortissima preponderanza dell'energia idroelettrica, 1nentre restavano entro termini assai ridotti i contributi di quella ter1nica o geotermica 17 • Il dopoguerra, in Italia come in altri paesi, riportò in prima linea il problema dell'energia. D'altra parte i danni che il conflitto aveva procurato alle società elettriche risultarono sensibilmente inferiori a quelli sopportati da altre industrie. La « fame » di elettricità - nota Bruno Caizzi - indusse allora le imprese produttrici a « metter mano sollecitamente alle progettazioni, e già nel 1947 poté ricominciare a salire in Italia il consumo pro-capite di energia, avvicinandosi, finalmente, anche senza raggiungerli, agli indici di paesi piu evoluti, dai quali era un tempo assai distanziato » 18 • Nel 1952 la produzione toccò i 30 1niliardi di Kwh e nel '60 superò i 56 miliardi grazie ad un costante vigoroso incremento degli sfruttamenti idroelettrici e agli apporti di energia termica e geotermica dive- !1.uti ormai indispensabili per fronteggiare lo sviluppo dei consumi civili e la richiesta crescente delle industrie, dei trasporti e dell'agricoltura. Contemporaneamente si infittì la rete delle linee ad alta tensione per il trasporto dell'energia che nel 1960 toccò i 33.920 Km di estensione. Abbiamo già visto, sia pure so1nmariamente, che il Mezzogiorno - che pure poteva trarre dall'energia elettrica tutti quei vantaggi economici che insieme col resto del paese gli erano stati negati dall~ mancanza di carbone - fu viceversa ancç>ra e per lunghi anni escluso dallo sviluppo economico di tipo moderno. Ciò prima perché l'Italia meridionale manca di grossi bacini idrici così come mancava di car17 B. CA1zz1, cit. 18 B. CAIZZI, cit. 87

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