Argonienti Certo non vi sono molte probabilità che una impostazione di questo tipo riesca a prevalere. La Commissione, e questo è il secondo aspetto a cui facevamo riferimento, vede negli squilibri regionali soprattutto un pericolo per il corretto funzionamento del Mercato Comune e delle leggi della concorrenza. Senza volere essere pessimisti, non è da escludere che da qui a qualche anno l'Italia dovrà lottare per il mantenimento della propria politica regionale, piuttosto che per ottenere l'impegno regionale della Comunità. A meno che i nostri rappresentanti a Bruxelles non riescano oggi a formulare uria strategia così efficace da ottenere per il problema regionale quella impostazione unitaria e globale che solo potrà consentirne la soluzione. La comunità montana di Gian Giacomo dell'Angelo 1. Dopo che la Legge 3 dicembre 1971 n. 1102 ha configurato il vertice del sistema organizzativo delle vallate alpine ed appenniniche nella comunità montana, questa è destinata a diventare la struttura democratica preposta alla gestione dello sviluppo economico e sociale e dell'assetto di quei territori. La nuova legge infatti le attribuisce i compiti di: approntare il piano pluriennale per lo sviluppo economico-sociale della propria zona; esigere l'adeguamento al proprio piano di sviluppo economico sociale dei piani degli altri enti operanti nel territorio della comunità; redigere, eventualmente, piani urbanistici; redigere e attuare programmi stralcio annuali; stendere la relazione sullo stato di attuazione del programma annuale nel quadro del piano di sviluppo, proponendo le eventuali modificazioni dello stesso. Affinché i compiti elencati possano essere svolti con la necessaria autorità, occorrerà peraltro garantire alla comunità montana le condizioni per la sua progressiva affermazione, sottraendola, in particolare, a tre ordini di rischi: quello di venire costituita, per un malinteso bisogno di efficienza, più in forza di criteri·« tecnici » che in forza di criteri « politici » (in forza, cioè, più di un disegno elaborato dall'alto che di uno spontaneo moto di partecipazione); -quello di non vedere riconosciuta la pienezza dei suoi poteri; quello di venire subordinata, per 1 suoi bisogni, alle decisioni di organismi ad essa eterogenei. 61
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