Autori vari la conseguenza che l'equilibrio della bilancia dei pagamenti si ottiene, a lungo andare, attraverso le migrazioni di mano d'opera. Si comprende allora perché la fonnazione di una unione monetaria dia luogo a problemi regionali di nuovo tipo e perché nel1' accordo del 21 marzo scorso la politica regionale abbia trovato in realtà maggiori possibilità di essere accolta che per il passato. Ma al fine di non crearci illusioni effimere, è bene avere presente che anche i problen1i regionali si sono accresciuti e che in futuro tre cause diverse di svantaggio verranno a cumularsi nel Mezzogiorno: la posizione di regione periferica, il carattere di regione sottosviluppata e l'appartenenza a un gruppo di paesi tra i quali non saranno più possibili manovre delle parità monetarie. Rilnane, inoltre, da chiedersi in che 1nodo verrà portata avanti la politica regionale della Comunità. A questo proposito si trovano alcune interessanti considerazioni nel quaderno di « Relazioni Internazionali » e nella relazione del prof. Petrilli. Un punto messo bene in evidenza in alcuni contributi del quaderno riguarda il carattere tecnocratico e accentratore che contraddistingue tutte le decisioni comunitarie e che si ritrova anche nell'impostazione della politica regionale. Manca, pertanto, nelle proposte della Commissione ogni riferimento alla nuova autonomia regionale che in Italia e in altri paesi europei comincia ad affermarsi come alternativa capace di garantire una maggiore partecipazione delle popolazioni alle decisioni che la riguardano. Il rilievo è tanto più grave se si pensa che in Italia materie come l'agricoltura sono ormai diventate di principale co1npetenza delle Regioni. Vi sono altri due aspetti, nella in1postazione della politica regionale comunitaria, che lasciano perplessi. Nei documenti predisposti dalla Commissione la politica è concepita essenzialmente come un insieme di interventi di tipo infrastrutturale, miranti a creare quelle condizioni di localizzazione che possono favorire l'inft sediamento di nuove attività. Ora, è a tutti noto come l'Italia abbia, in materia di politica regionale, un'esperienza più che ventennale e con1e questa abbia da tempo rivelato l'inadeguatezza di interventi basati unicamente sulle infrastrutture o sugli incentivi. Ci sem~ra essenziale, dunque, che l'esperienza italiana sia tenuta nel dovuto conto a Bruxelles e che, con1e ha affermato il prof. Petrilli, si riconosca l'impossibilità di risolvere il problema regionale « attraverso la semplice predisposizione di correttivi che lascino inalterato un meccanismo di sviluppo ìntrinsecan1ente squilibrante». 60
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