Francesco Compagna spe11ta anche l'eco della grande revisione crociana del liberalismo. Noi non pretendiamo di risolvere i problemi della moderna società industriale con le formule associazionistiche del nostro Giuseppe Mazzini. Abbiamo cercato di riflettere sulla complessità di questi problemi, che sono problemi del nostro tempo e non problemi dei tempi di Mazzini, o di Marx, o di Adamo Smith, o addirittura di Francesco d'Assisi. E i risultati della nostra riflessione ci hanno consentito di capire prima quello che altri cominciano a capire soltanto ora, e che cominciano a capire anche, e forse soprattutto, grazie ai risultati di quello sforzo di aggiornamento con il quale abbiamo onorato e non alterato la nostra discendenza mazziniana. Questo nostro sforzo di aggiornamento e di chiarimento ci ha portato, tra l'altro, a definire le priorità meridionaliste e le compatibilità meridionaliste che devono qualificare la programmazione dello sviluppo economico. Abbiamo inteso recentemente alla TV che c'è chi ritiene di dover condannare il programma repubblicano perché questo programma non sarebbe conforme all'esigenza di un rilevante impegno meridionalistico. La Malfa ha risposto con indignazione, perché non è lecito addebitare proprio ai repubblicani la colpa di non sentire la questione meridionale, quando i repubblicani ne hanno dato un'interpretazione aggiornata ai meccanismi che regolano in una moderna società industriale lo sviluppo del reddito e dell'occupazione. Io affermo che il nostro programma è tutto permeato da una concezione meridionalistica dello sviluppo italiano. Così come le nostre critiche ai comportamenti politici e sindacali degli ultimi quattro anni sono stati ispirati dalla preoccupazione (ahimé, quanto fondata!) che fosse il Mezzogiorno a pagare per le conseguenze dei guasti che sono stati arrecati a quei meccanismi di sviluppo che si volevano modificare perché se ne potesse ricavare una spinta decisiva alla politica meridionalista. Nella campagna elettorale del 1968 noi avevamo indicato tre obbiettivi fra loro interdipendenti e che erano molto qualificanti proprio dal punto di vista della loro coerenza con l'impegno meridionalistico: primo, un aumento dell'occupazione assai più rilevante di quanto era stato possibile provocare anche negli anni più fortunati del cosiddetto n1iracolo economico; secondo, una moltiplicazione degli investimenti più intensa e più rapida nel Mezzogiorno di quanto non si realizzi nel resto del paese, dove non sono diffuse come nel Mezzogiorno le piaghe della disoccupazione e della sottoccupazione strutturali; terzo, un'espansione ed un migliora50
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==