Vittorio Barbati norama, in realtà, è ancora più impressionante. Nel quadro del loro globale equilibrio di potenza, i due giganti devono dedicare enormi risorse, oltre che ai loro programmi per il· futuro, anche al mantenimento degli apparati che hanno già messo in piedi. E non solo a quelli strategici e nucleari, ma anche a quelli convenzionali. Non è possibile precisare il costo di tale mantenimento, oltre che per il fatto che non tutto si può leggere sui bilanci (ed in particolare su quelli dell'URSS), anche perché molte spese, come ad esempio quelle per le basi all'estero, sono affiancate da spese « assistenziali », a favore di vari paesi, il cui sottofondo politico-militare non può essere sen1pre agevolmente individuato. Anche in questo caso, comunque, si può asserire con certezza che l'onere è enorme. E bisogna aggiungere che esso è, o può essere accresciuto da fattori apparentemente « esterni » all'equilibrio diretto fra le due superpotenze. Per anni, come si è detto prima, la guerra del Vietnam ha sottratto enormi risorse egli Stati Uniti, contribuendo anche a rallentare i loro programmi per gli armamenti strategici; e da alcuni anni il nuovo equilibrio n1ilitare URSS-Cina pesa sui programmi sovietici. I missili strategici e le divisioni sempre più numerose che l'Unione Sovietica, senza indebolire il suo dispositivo militare in occidente, schiera di fronte alla Cina rappresentano, per la stessa Unione Sovietica, un altro onere non indifferente che si aggiunge a quelli esistenti. Quanto si è detto dimostra che le due superpotenze hanno assoluto bisogno di giungere ad un nuovo modus vivendi, che, senza imporre loro rinunce politiche o ideologiche, riduca i loro oneri ad un livello « sopportabile ». Da tempo, sia gli Stati Uniti che l'URSS hanno raggiunto la cosiddetta « overkill capability », ossia la capacità di ultradistruggersi a vicenda e di distruggere il mondo. In sostanza, si tratta di una capacità in eccesso rispetto alle loro esigenze militari e soprattutto rispetto alle loro esigenze politiche. Anzi, come si è già accennato, la loro nuova corsa agli armamenti rischia di indebolire talmente le loro economie da compromettere proprio le loro possibilità di manovra politica in campo internazionale. Solo la paura e la diffidenza reciproche hanno impedito loro di fermarsi quando sarebbe stato opportuno. Ora, i nodi stanno ven'endo al pettine. In realtà, se entrambi i paesi riducessero i loro arsenali nucleari alla metà, ad un terzo e forse anche ad un quarto della loro attuale consistenza, molte cose rimarrebbero più o meno invariate. 36
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