Nord e Sud - anno XIX - n. 149 - maggio 1972

L'organizzazione del territorio in Basilicata Fino a qualche anno fa gran parte della superficie in pianura e non poca di quella in collina, era infestata dalla malaria. Questa tristissima e secolare condizione ambientale costringeva la popolazione a rifugiarsi in alto, sempre più in alto, lontano dai corsi d'acqua, dove la salubrità dell'aria potesse offrire una garanzia di sussistenza. Questa scelta territoriale-urbanistica, arcaica e spontanea, ha salvato l'uomo, ma ha distrutto l'economia, in quanto le comunità umane si sono venute a trovare in posizione marginale rispetto ai fondo-valle, nei quali soltanto è possibile sviluppare varie e molteplici attività economiche. Per meglio comprendere il perché di certi fenomeni, bisogna aggiungere che, oltre alla malaria, altri fattori hanno determinato la « scelta di monte »: l'irregolarità dei fiumi, le necessità di difesa, un tipo di civiltà arcaico-patriarcale-paternalistica che rifiuta il mercantilismo come prassi di vita e, quindi, resiste a qualsiasi mutamento di tipo « industriale ». Si tratta, dunque di una società immobile: nell'economia, nel costume, nei valori. E si tratta, per conseguenza, di una società isolata. Di fronte a questa realtà che, nata dal processo storico, è diventata condizione umana comune, c'è poco da sperare se non si cominciano a sollecitare e suscitare all'interno stesso delle comunità gli atteggiamenti e i comportamenti « devianti ». Ma prima ancora bisogna incidere sull'ambiente: ecco perché si rende necessaria una seria politica urbanistica, che abbia ben chiari i fini da raggiungere, a breve come a lungo termine. Gli obiettivi fondamentali sono due: la scelta delle aree· per l'animazione economica sulla base non solo delle vocazioni, ma anche sulla base delle infrastrutture esistenti e, soprattutto, delle trasformazioni prevedibili nel futuro, almeno nei prossimi venti-trenta anni; la formazione umana all'interno delle comunità. Nel contesto geografico-umano della Basilicata è ovvio che non s1 è potuta e non si può sviluppare una intensa animazione economica. Perciò l'emigrazione ha costituito la soluzione più facile ed immediata. Nella storia economica della nostra Regione non è stato ancora valutato con esattezza l'apporto delle rimesse; uno studio in questo senso potrebbe certo risultare illuminante. Comunque la situazione è tuttora critica: il reddìto pro capite è soltanto di L. 514.632 (pari a circa il 60% del reddito pro capite nazionale); uno tra i più bassi d'Italia 2 •. Il problema dell'emigrazione, malgrad_o le apparenze, è strettamente legato a quello dell'organizzazione del territorio. È proprio l'emigrazione il dato dal quale partire se si vogliof?-Oformulare corrette analisi. 2 Cfr. G. TAGLIACARNE, Che cosa c'è di nuovo nella dinamica economica del Mezzogiorno?, in « Nuovo Mez~ogiomo », 1-2, 1972. 123

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