Croce tra fascismo e antifascismo Come può essere quindi riassunta la pos1z1one di Croce nei confronti delle diverse tendenze riformiste del periodo giolittiano? Tale -posizione presenta, a nostro avviso, dei connotati di radicata ambivalenza. Da un lato, infatti, l'ossequio alle tendenze riformatrici fu costante, in misura maggiore o minore; dall'altro, Croce si adoperava sul terreno culturale a minarne le fondamenta. Da questo punto di vista, egli fu uno degli affossatori del mondo politico giolittiano, nonostante la sua benevolenza verso il liberalismo empirico dell'uomo politico piemontese. Conviene a questo punto chiederci: Croce, nel periodo precedente alla guerra 15-18, finì per lavorare a di,stanza per gli autoritari, per i fautori delle tendenze egemoniche ed imperialistiche, oppure, con la sua opera di chiarificazione speculativa, tentò di dare un solido contributo a un riformismo fragile? La risposta non può essere che ambivalente, così come fu ambivalente il senso della predicazione crociana, nelle sue implicazioni politiche indirette, nei primi quindici anni del secolo. È vero, in sostanza, che Croce fu antidemocratico, antimassone, antigiacobino, antiegualitario, e via di seguito. Il suo liberalismo aristocratico, proiezione di una civiltà preindustriale, difficilmente coglieva il senso ampio delle trasformazioni strutturali che mutavano profondamente la sostanza dei sistemi da ottimati paternalistici. Sfuggiva al Croce quella profonda dinamica che anticipava le moderne democrazie di massa; da questo punto di vista, egli doveva rimanere sempre legato al mondo che ebbe la fine con la prima guerra mondiale. E quando, molti anni dopo, Croce si rappacificava, benché in un modo tutto suo, con gli ideali democratici, il profu1no della belle époque della vita politica e culturale italiana era destinato a non abbandonarlo più. Tuttavia, se la sua concezione della lotta politica fu aristocratica, distaccata, e, in una certa misura, perfino scettica, possiamo concludere, come più di qualcuno ha inteso sostenere, che tale concezione fu dinamite per il nostro riformismo? Croce non era un autoritario per vocazione. E se si rifece spesso al modello tedesco, ciò fu dovuto al fatto che egli sentiva intimamente ammirazione per una dimensione riformistica in cui l'ordine e l'autorità trovassero un naturale equilibrio; Croce aveva orrore, per la sua natura razionale e per la sua attitudine speculativa, per tutto ciò che fosse frammentario, disorganico, atomi-. stico. Di fronte al nostro riformismo, spesso incomposto,_ prodotto di una contro tutta la .filosofia moderna: l'enciclica antimodernista è in realtà contro l'immanenza e la scienza moderna e in questo senso fu commentata nei seminari e nei circoli religiosi». Il material_ismo storiéo, pag. 248. 95
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