Nord e Sud - anno XIX - n. 148 - aprile 1972

Croce tra fascismo e antifascismo vita pubblica e culturale del paese e le spinte del soggettivismo più inarticolato che doveva costituire l'altro polo della loro dialettica. Con questo si può affermare che i Papini e i Prezzolini, e altre figure minori del loro stampo, fossero degli illiberali per vocazione e degli autoritari in formazione? E, nel caso, qual è, su questo terreno, il punto di convergenza con Benedetto Croce? È da ritenere che proprio in quegli anni essi fossero i poli di coagulazione di un'azione politica e culturale confusa ma libertaria. Il loro stesso voler riscattare l'uomo da tutte le remore e gli impacci intellettualistici del passato è la testimonianza di questa vocazione libertaria. Tuttavia, il loro svincolamento dai limiti che tendevano a condizionare l'esperienza umana volle essere totale: tutte le direzioni erano quindi possibili, proprio per l'estrema civetteria e fragilità del discorso culturale. Il dinamismo prassista non poteva conservarsi pennanentemente libertario, esso era alla ricerca di un'autorità codificata che articolasse in un modo o nell'altro i nuovi valori. In sostanza, la loro inquieta fragilità era in parte la fragilità dell'epoca stessa, alla ricerca di un nuovo modo di concepire l'uomo e la sua funzione nella storia. Essi oscillarono quindi tra il razionalisn10 e l'irrazionale, tra il desiderio di libertà e il bisogno d'autorità. Benedetto Croce quindi, pur compiacendosi della loro vitalità, non approvava il tentativo di rottura degli iconoclasti fiorentini nei confronti di gran parte del passato. Per il direttore della « Critica » il richiamo alle tradizioni era, al contrario, l'unica n1aniera possibile per sostenere una linea di rinnovamento culturale robusta. Viene qui in discussione il particolare approccio di Croce nei confronti del liberalismo, di una prassi storica che ha costituito, in altri termini, tanta parte del nostro passato. Nel primo quindicennio del secolo era Croce fortemente critico del liberalismo, come pure si è detto? Era avverso agli ideali illuministi, universalisti, come ha sostenuto Michele Abbate? Era antimassone, antiriformista, esaltatore dell'idealista e volontarista Mussolini? E in quale misura, eventualmente, lo era? Come già il suo più autorevole interlocutore e amico Giovanni Gentile, Croce ammirava molto il libe·ralismo della Destra storica. Parliamo naturalmente del primo quindicennio del secolo, perché più tardi egli doveva dosare diversamente le proprie valutazioni. Però, mentre Gio-. vanni Gentile sottolineava con particolare calore gli ideali di Bertrando Spaventa e di Camillo de Meis, egli che alla Destra si era avvicinato appunto attraverso Iaia e Bertrando Spaventa 31 , Benedetto Croce si 31 Cfr. EUGENIO GARIN, Storia della filosofia italiana, cit., pag. 1291. 87

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