Manlio Di Lalla autori, tralignarono dal maestro, si tratta di vedere in che misura tralignarono, e quali furono in tal senso le responsabilità del maestro. Il tema dei rapporti tra Croce e molti intellettuali prefascisti o afascisti che giocarono un ruolo detenninan te nella fu tura battaglia culturale che s'incentrerà sul nodo del fascismo e dell'antifascismo, è un argomento essenziale per definire: o i connotati del filosofo prefascista e, in qualche misura, precursore del fascismo, o, almeno parzialmente, alcuni risvolti di quella che fu considerata come la più autorevole personalità dell'antifascismo prefascista. Croce, aUorché fu fondato nel 1903 da Papini « il Leonardo », di fronte al prorompere iconoclasta dei molteplici fem1enti di quella rivista, tenne un atteggiamento di severità distaccata. Certamente, piaceva al Croce la latitudine indeterminata di un certo tipo di pragmatismo che costituiva la nota fondamentale della rivista. Era questa latitudine anch'essa un secco richiamo alla vita. Tuttavia, l'utilizzazione indiscriminata di essa con il sottinteso richian10 al1a volontà di potenza, determinava nel pensatore delle notevoli perplessità. Inolire, il romanticismo integralista, così con1e era esaltato da Papini, con il ripudio dello spirito classico, e quel disordinato idealismo, prodotto di slanci mistici e di giunture stroncatorie di tutto quello che aveva fatto il positivismo, non poteva non generare nel Croce quel distacco tipico di chi guardava cose potenzialmente buone ma acerbe. Ha scritto molto opportunamente il Thayer sui motivi del dissenso crociano: « Di fronte al contrasto tra idealisti e positivisti, nel 1905 il filosofo scrisse che per quanto detestava l'arroganza di questi ultimi, il loro disprezzo per tutte le altre filosofie, egli riteneva ormai che l'obiettivo di demolire le loro pretese di saggezza era stato raggiunto: non c'era bisogno di continuare la campagna ora che la battaglia era stata vinta. Inoltre, il Croce ricordò ai suoi lettori che poiché l'idealismo non aveva mai voluto evadere dalla realtà, gli idealisti dovevano riconoscere che l'empirismo aveva un suo valore e così pure il positivismo » 23 • La critica del Croce a quell'idealismo mistico leonardiano, incapace di evadere dalla realtà, rispondeva indubbiamente al suo bisogno di non perdere del tutto di vista quegli insegnamenti dell'empirismo e del miglior positivismo che erano anch'essi una viva testimonianza dell'esperienza umana. Cìò non toglie che i primi e contraddittori fermenti, privi di nervature consistenti ma carichi di implicazioni geniali, che gli scrittori del « Leonardo » fecero circolare, non fossero non visti con una certa simpatia nell'ambito della vasta strategia crociana di rinnovamento 23 Cfr. JOHN A. THAYER, L'Italia e la grande guerra, vol. II, Conclusione: la guerra come crisi spirituale, pag. 638, Vallecchi, Firenze, 1969. 82
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