Manlio Di Lalla esercitare la sua critica, spesso caustica e sferzante » 19 • E continua: « Non può essere lasciato in ombra, però, che il Croce era stato uno dei principali demolitori di quei valori illun1inistici, democratici, massonici che avevano costituito un autentico n1argine di sicurezza per la recente democrazia italiana. Il nostro filosofo, in effetti, si era schierato decisamente, sin dai primi anni della sua attività intellettuale, dalla parte degli antigiacobini e degli antimassoni, dalla parte dei settatori della ' grandezza della Patria ' contro le aspirazioni degli umanitaristi e degli internazionalisti, dalla parte degli antirnodernisti contro i fautori della storicizzazione della dottrina e del costume cattolici; aveva simpatizzato apertamente con le teorie del sindacalis1no soreliano e s'era compiaciuto di vederle operare, contro il ' materialismo' dei riformisti Treves e Turati, nell' ' idealista' e ' volontarista ' Mussolini; aveva co1nbattuto la religiosità positivistica dell'agnosticismo e della tolleranza e tacciati di moralismo e di antistoricismo i difensori della libertà di coscienza e di pensiero; né aveva mai tralasciato occasione per dichiarare la sua disistima verso la cultura della Francia ' dreyfusarda' e anticlericale, cui guardavano invece le correnti clericali italiane co1ne a sorella maggiore » 20 • Ma perché questi risvolti del Croce? Affern1a ancora significativamente Abbate: « Coscienza religiosa, dunque, coscienza del mondo dei fini, del vero bene, coscienza filosofica, non storica né critico-pratica: il platonismo e il moralismo kantiano persistenti nell'atteggiamento del Croce non gli permettevano di saldare il mondo dei valori a quello dei fatti e di attuare concretamente l'identità çlel razionale col reale, dell'ideale col reale ». Questi rilievi di Abbate, esemplari dal punto di vista dello sviluppo della metodologia gramsciana sul crocianesimo, ritengono di coinvolgere nello scacco l'attività teorico-pratica di Croce, condannando il suo antiilluminismo, causa prin1a del suo spirito antidemocratico e della sua intolleranza verso le varie forme di pluralis1no ideologico, tutte più o meno assimilabili all'agnosticisn10 positivista. L'errore di tipo teoretico sarebbe da riferirsi al fatto che la coscienza di Croce fu una coscienza del mondo dei fini, una coscienza cioè filosofica e non teoricopratica. La posizione di Abbate, che è particolarmente indicativa di un certo tipo di crociata illuministica contro Croce, ha il merito di toccare due nodi di fondo che si riferiscono al primo Croce. Il primo nodo consi19 MICHELE ABBATE, La filosofta di Benedetto Croce e la crisi della società italiana, pag. 107, Einaudi, Torino, 1955. 20 Ibidem, pag. 108. 80
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