!vl anlio Di Lalla essi dimostrano due cose. In primo luogo, l'estre1na permeabilità del primo Croce, il suo approccio ad elementi « non annonizzati, ma nemmeno confusi tra loro » sono la misura della vastità degli interessi del giovane studioso, sì che un'interpretazione unidirezionale, tendente ad ingabbiare Croce in precisi schemi metodologici, è destinata a mostrare la corda. In secondo luogo - e ci riferiamo al secondo testo crociano - il culto della politica come forza ed il richiamo alle migliori tradizioni della scienza politica italiana sono il risultato di un'attenta meditazione dei testi di Marx e di Hegel, e dimostrano che le propensioni antidemocratiche del pri1no Croce sono assai consistenti. Il nome di Marx ci richiama però subito quelli di Labriola e di Machiavelli. Così come il nome di Hegel si lega a quello del Vico, e si salda ancora, per il bisogno tipicamente crociano della continua demistificazione hegeliana, ai nomi di Sorel, di Bergson, e di Nietzsche. Ci troviamo quindi di fronte a una galleria di studiosi con i quali Croce sente, di volta in volta, di fare i conti e che condizionano il suo complesso itinerario. Si tratta comunque di autori non liberali, come sostiene Bobbio? Indubbiamente sì, se si considerano liberali solo gli studiosi che si richiamano ai n1odelli illuministi. Ma non è solo questo, a nostro avviso, il nodo della complessa questione. È necessario verificare fino a che punto Croce, utilizzando tali pensatori che indubbiamente stimolavano la sua problematica, ha dato consistenza sul piano speculativo alla circolazione delle idee, alla sprovincializzazione della cultura italiana, al principio regolativo di un saldo libera]ismo che sorreggesse quello empirico del primo ventennio del secolo, con un'operazione che, sul terreno politico, non era preordinata, in quanto il filosofo amava considerarsi un liberale per temperan1ento. È necessario stabilire fino a che punto il « nuovo orientamento versa la concezione di Hegel era una manovra ideologica contro la debolezza del liberalismo italiano» 11 e servisse ad irrobustire, tutto sommato, la causa del liberalismo del nostro paese. Croce, che negli anni della sua giovinezza si era dedicato prevalentemente allo studio erudito delle memorie di Napoli, e che alternava a tale studio i contatti più diversi con la cultura tedesca, esaminando problemi « di filosofia del linguaggio, di psicologia, di psicologia dei popoli, di teoria dell'estetica, di filosofi.o della cultura e della storia » 12, ebbene il giovane pensatore napoletano, dopo essersi dilettato con tale varietà 11 HERBERTMARCUSE, Ragion.e e rivoluzione, L'hegelismo fascista, pag. 444, Quarta edizione, Il Mulino, Bologna, 1968. 1 2 Cfr. EUGENIOGARIN, Storia della filosofia italiana, volume III, pag. 1291, Einaudi, Torino, 1966. 74
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