Nord e Sud - anno XIX - n. 148 - aprile 1972

Editoriale Lo scioglimento delle Camere ed il ricorso anticipato alle elezioni politiche hanno dato ragione a 1nolte delle preoccupazioni e delle indicazioni che, nel corso di questi anni, avevamo cercato di far valere nei confronti di quelle forze politiche e sindacali, i cui equivoci, le cui incertezze, le cui illusioni, ci se,nbrava servissero soltanto ad aggirare i gravi problemi del paese: proble1ni di fronte ai quali, a nostro giudizio, troppi erano coloro eh.e alla difficile scelta « riformatrice » preferivano il facile atteggia1nento « riformistico ». La realtà di un paese come il nostro, travagliato da profondi squilibri economici e da tremende ingiustizie sociali, in cui nuovi squilibri crescono sui vecchi e nuove ingiustizie si sommano a ingiustizie « storiche », avrebbe dovuto suggerire alla classe politica un c01nportamento assai più coerente e, se si vuole, assai più intetligente di quello tenuto: di quello grazie al quale non è stata risparmiata agli italiani degli anni '70 l'umiliazione ed il disgusto di sentire ancora paurosamente so~peso sul proprio avvenire lo spettro del fascismo, sempre pronto ad insinuarsi nel seno di una dernocrazia che smarrisce il proprio contenuto ideale, ad uccidere la libertà quando essa non riesce a valicare i confini delle classi o delle categorie più forti, ed immancabilmente regredisce fino a diventare privilegio e non più libertà. In questo senso l'« insorgenza populista», che nel triennio 1968-1971 ha imperversato in Italia e dalle cui tentazioni conformistiche, e spesso anche opportunistiche, questa rivista non si è mai lasciata condizionare, comportava un rischio fondamentale: il rischio eh.e la continuità storica e la legittimità politica dell'Italia moderna, eh.e nell'esperienza risorgimentale seppe recuperare sui secoli il proprio ritardo sugli Stati europei, potesse di nuovo interrompersi a vantaggio di quell'Italia eh.e moderna non è, e che nei suoi contraddittori travestimenti ed ondeggiamenti (filocomunisti ma antidivorzisti, assembleari ma stalinisti, sociologi del dissenso ma dalle cattedre) non riuscirà mai a mascherare completamente l'arretratezza reazionaria del proprio disavanzo risorgimentale, della propria ostilità verso la concezione liberal-democratica dello Stato, della propria riluttanza nell'intraprendere la via dell'Europa. Fu proprio nel venir meno di questa continuità, nel tramonto dello Stato liberale, nella disintegrazione del patrimonio risorgimentale, nel distacco dall'Europa che ebbe origine, nel 1922, la più odiosa vicenda storica del 3

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