Autori vari quindi che concordare con le dichiarazioni che aprono il documento e richiamano l'attenzione sulla stagnazione dell'economia italiana che « dura ormai da oltre venti anni », e stilla recessione dell'attività industriale che) iniziata nel 1970, è proseguita nel 1971. Se, tuttavia, l'impostazione del documento viene ad essere giustificata dalle condizioni particolari in cui l'economia versa da quasi due anni, non si può fare a meno di rilevare co1ne questo modo di affrontare i problemi crei una frattura inesorabile fra piano quinquennale e piano annuale .. Da un lato, il piano quinquennale centra il ragionamento sulle esigenze sociali, sul fabbisogno di investimenti pubblici, sullo sviluppo delle regioni in ritardo, discutendo come problema principale quello del contenuto della produzione nazionale. Dall'altro, il piano annuale, invece di esporre in maggiore dettaglio i medesimi obiettivi e strumenti, in modo da fame oggetto di azione concreta, li pone quasi in secondo piano, per mettere in risalto gli obiettivi immediati della piena occupazione e della ripresa produttiva. Questi sono chiaramente obiettivi altrettanto rilevanti, e meritano di essere costantemente perseguiti. Essi tuttavia non possono esaurire il contenuto del piano annuale, il quale, se deve considerare i problemi connessi al sostegno della domanda globale, deve anche fare adeguato spazio alla problematica più generale relativa alla politica di svHuppo dell'economia del paese, che di anno in anno deve essere perseguita con pari attenzione e coerenza. Se dovesse stabilirsi la prassi che il piano quinquennale tratta in prevalenza i problemi della natura. della produzione nazionale, mentre il piano annuale si occupa in prevalenza del problema della piena occupazione e dei temi, ad esso strettamente connessi, della politica 1nonetaria e creditizia, l'intera attività di programmazione verrebbe a scindersi in due ra1ni difficilmente riconciliabili. Gli autori del documento fissano alcuni principi ineccepibili. Fra questi va segnalato quello, ripetuto più volte nel corso del documento, che attribuisce alla programmazione ruoli e contenuti esplicitamente operativi. « L'azione pubblica, si legge nel testo, non può risolversi in esortazioni a centri di decisione da essa indipendenti~ deve piuttosto condizionare il comportamento di questi centri, fissando gli obiettivi di crescita, e apprestando i necessari strumenti di intervento» (n. 12). E ancora: « l'azione pubblica deve essere rivolta a provocare di fatto una ripresa e non solo a esprimere aspettative » (n. 3). 22
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