Nord e Sud - anno XIX - n. 148 - aprile 1972

Il mito liceale del diluvio a frequentare le lezioni. Ma né prima, né durante, né dopo, i promotori si propongono realmente di raggiungere uno scopo che non sia quello di « sensibilizzare » la base (la quale però in questi quattro anni ha 1nostrato di tornare indifferente non appena passata l'onda emotiva) e di effettuare una protesta si1nbolica, appunto il « rifiuto ». La contestazione in certo modo è divenuta un rito. Questo modo di procedere presenta gravi inconvenienti, oltre a quello già ricordato di procurare un danno culturale non indifferente agli studenti meno abbienti, per il gran numero di lezioni perdute. Il Ministero aveva autorizzato le assemblee studentesche ai fini di un'educazione civica e di una maturazione critica; il trasformarle in palestre di utopie verbali alimenta il senso di irresponsabilita in quella parte degli adolescenti che vi partecipa con sincera convinzione. L'insuccesso che conclude regolarmente ogni ondata agitatoria - nonostante che i promotori parlino sempre di « grande successo » nei loro discorsi e nei loro volantini - ali1nenta frustrazioni che potrebbero tradursi in futuro in un totale disinteresse per la vita associata, o alimentare il qualunquismo. Gli eccessi dànno poi argon1enti ai conservatori per bloccare ogni pur modesto tentativo di rinnovamento. Per uscire dal vicolo cieco in cui l' estremis1no utopistico li ha cacciati, gli studenti secondari non hanno altra via che il ritorno alla ragione, la scoperta della realtà, la ripresa del discorso civile avviato dai loro predecessori nella prima metà degli anni sessanta e poi interrotto dall'apparire del miraggio marcusiano. D'altra parte le forze politiche che hanno responsabilità di governo devono sforzarsi di decifrare il feno1neno al disotto delle sue apparenze urtanti e negative. Non cedere ai clamori di adolescenti fanatizzati, e politica. Non udire i clamori sarebbe un errore. Che la nostra scuola secondaria di secondo grado vada urgentemente raccordata con la società che cambia lo dicevano gia gli adulti parecchi anni fa, quando i liceali non discutevano ancora di politica né tènevano assemblee. ROBERTO BERARDI 19

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