Nord e Sud - anno XIX - n. 148 - aprile 1972

Manlio Di Lalla ministica a valutare la concretezza di certi problemi, come ab biamo già precisato. Dall'altro lato, però, la dimensione specu1ativa che il Croce veniva a dare sia agli ideali democratici che a quelli liberali era particolarmente fluida. Perché? Perché, nel recupero che il filosofo operò del mondo dei valori, nell'in1pegno integrale che egli, suo malgrado, postulò, motivando dialetticamente l'ideale liberale, il Croce finì per irrigidirsi nel culto della libertà, considerata come inarticolato limbo metastorico, che finiva per tradire la propria origine emotiva. Era naturale che il pensatore, partito come uno studioso per attitudine disimpegnato, nella misura in cui, per forza maggiore, fu costretto all'impegno militante, lo concepisse in termini eterei, e quando la sua religione della libertà fu chiamata a dare delle concrete indicazioni, Croce rimase silenzioso, mettendo nuovamente davanti la sua separazione tra teoria e pratica. Per cui sul terreno dell'antifascismo, o, meglio, dei rapporti con alcune componenti significative dell'antifascismo, la dialettica tra le giunture logiche del suo sistema e il mondo dei valori ubbidì alla logica del doppio tempo. In un primo momento, la n1otivazione dialettica dello storicismo liberale portò alla sostanziale invalidazione della separazione crociana e ad un impegno etereo ma militante. In un secondo momento, quando si trattò di costruire qualcosa di concreto, la separazione tra teoria e pratica venne messa nuovamente davanti. Ma Croce tuttavia si era troppo compromesso sul terreno dell'impegno militante. Non poteva tornare all'arcadia filologica. La religione della libertà, con i condizionamenti vitalistici degli ultimi anni della sua vita, l'ancoraggio crociano al liberalismo •etico, dopo averlo separato dal liberismo, erano la misura non solo di un impegno sempre militante, ma di quanto le giunture logiche della sua costruzione, la dialettica dei distinti fossero condizionate dai valori che erano emersi in tutta la loro latitudine nell'ultima parte della vita del Croce. Si torna infine alla questione dell'antifascismo. Indubbiamente, i fautori smaliziati di un illuminismo liberale, che concepivano il liberalismo e l'antifascismo come delle concrete costruzioni, alla ricerca di istituti che storicamente li attuassero, hanno colto i limiti, in termini effettuali, della crociana religione della libertà. È questo l'aspetto positivo dell'antifascismo radical-liberale. Tuttavia, a distanza di tempo, si vedrà come la separazione crociana tra liberalisn10 e liberismo coinvolga nella rotta pr_oprio quest'ultima tendenza. L'antifascismo radical-liberale, fermo agli schemi di un illuminismo codificato, se in un primo momento, nella polemica anticrociana sulle garanzie della libertà, mostrerà di aver ragione, in un secondo momento rimarrà cristallizzato in un radical-liberalismo di maniera, privo di scioltezza nell'analisi etico-politica di una 114

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