Una dichiarazione di f allin1ento nella nostra tradizione, cioè quello « neo-illuministico » di Carlo Cattaneo. Naturalmente avere rifiutato Cattaneo significa avere rifiutato una «mentalità», un modo particolare di vedere i problemi dello sviluppo morale e politico: questo rifiuto avrebbe provocato alla distanza quella crisi cui oggi assistiamo e di cui Bobbio si è fatto il portavoce. Non saremo certo noi a rifiutarci di vedere in Cattaneo il più vigoroso e il più moderno fra gli scrittori italiani dell'Ottocento; e, ancora, non saremo certo noi a rifiutare la validità e l'attualità della filosofia « civile » proposta dallo scrittore lombardo. Ma da qui a imputare alla scarsa considerazione (ma questo, come vedremo, è discutibile) che la cultura italiana ha, o avrebbe, avuto per il neoilluminismo, di cui Cattaneo sarebbe la più valida delle incarnazioni (neo-illuminismo che, a dire di Bobbio, avrebbe avuto una breve stagione negli anni successivi alla seconda guerra mondiale), da qui, dicevamo, a individuare in questo rifiuto i motivi della crisi che attraversiamo, ci pare ne corra. Ha infatti giustan1ente notato Pietro Piovani in una breve nota sul « Corriere della Sera » che « non ha senso, oggi, ritenere che l'Italia finisca perché un sogno neoilluministico è finito »; ed ha ammonito, contro le precipitose affermazioni di Bobbio, che non bisogna dimenticare « che le filosofie del nostro Risorgimento seppero guardarsi da smilitarizzazioni così precipitose, da disarmi così arrendevoli», dal momento che « non credettero mai che- il successo fosse la misura degli ideali ». Che Bobbio abbia creduto nella « stagione neo-illuministica » da lui considerata come una sorta di « approdo finale » per la sua generazione, non può essere per nessuno motivo di scandalo (anche se c'è da chiedersi con quale periodo coincida quella stagione: sarebbe quella inaugurata da Guido De Ruggiero con Il ritorno alla ragione? ma De Ruggiero non era certo un grande estimatore di Cattaneo); che rimpianga quel successo culturale e politico che invece non è venuto; che dichiari addirittura che ad essa abbiano fatto seguito pensatori i quali « facevano risalire all'illuminismo la cagione di tutti i nostri mali, e denunciavano come eclissi della ragione lo smarrimento della propria oscura metafisica», è un suo diritto che nessuno gli contesta (anche se ci piacerebbe sapere a ·chi si riferisca nello scrivere queste cose: all'ultimo Croce, quello della Letteratura italiana del Settecento o all'Antoni della Lotta contro la ragione, che però precede, essendo· del 1942, la « stagione » neoilluminisdca ?). Ma che il « rifiuto » dell'atteggiamento mentale che caratterizzò nell'immediato· dopoguerra certi intellettuali, come 9
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