Nord e Sud - anno XIX - n. 148 - aprile 1972

Girolamo Cotroneo vamente verificatosi. Così, il « deluso » soltanto sarebbe stato nel giusto e gli altri, invece, in torto. La crisi che in questo momento attraversa il nostro paese, che travaglia la nostra vita politica, che minaccia le nostre libere istituzioni e soprattutto la nostra cultura, si presta certamente a questo genere di considerazioni di natura pessirnistica: per cui ogni intellettuale si convince che se l'ideologia cui egli aderisce avesse potuto diventare« dominante », tutto ciò che oggi si verifica avrebbe potuto tranquillamente essere evitato. Ma, come è noto, nelle vicende storiche non esiste la controprova: per cui nessuno (tranne i soli ti dommatici di varie razze e colori) può essere in grado di dire come sarebbero andate le cose se fossero state seguite altre vie. Per tutte queste ragioni sorprende fortemente che uno studioso tutt'altro che mediocre, come Norberto Bobbio, ripubblicando presso le edizioni Einaudi i suoi pregevoli lavori su Carlo Cattaneo, li abbia fatti precedere da un'amara prefazione (che è appunto una sorta di confessione) in cui parla senza mezzi termini del completo fallimento della società italiana uscita dalla Resistenza, di una generazione di intellettuali il cui bilancio « è stato disastroso » e che già può dirsi condannata « dal tribunale della storia » se non da quel1o della « coscienza »; dell'inutilità, da parte dell'intellettuale di quella generazione, di credere « di essere ancora sulla cresta dell'onda quando [ ...] sta per essere sommerso », e di altre affermazioni più o meno di questo genere. Non saremmo certo noi a stupirci chè Norberto Bobbio sia approdato a queste conclusioni: diremmo che è la logica conseguenza di un atteggiamento culturale che era viziato alla base da una posizione politica oscillante fra l'astratto giacobinismo e il ragionevole illnminismo. Comunque sia, che la situazione nella quale viviamo si presti, come prima dicevamo, a considerazioni assai amare è certamente vero; la nostra libertà è oggi assai più minacciata di quanto non lo fosse soltanto pochi anni addietro: e di questo vi sono precise ragioni e responsabilità, da cui non sono certo esenti molti intellettuali italiani sempre pronti a dare il loro « pregiudizio favorevole » ai vincitori dell'oggi o a quelli che ritengono i vincitori del don1ani. Ma questo sarebbe un altro discorso. Ciò. che invece più sorprende è il motivo addotto da Bobbio per giustificare il proprio pessimismo, la propria sfiducia nel presente e soprattutto nel futuro del nostro paese: il quale motivo sarebbe poi, in poche parole, il mancato accoglimento, da parte della nostra cultura, del più vigoroso n1essaggio di « filosofia civile » esistente 8

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