Giornale a più voci punte estremamente elevate perché la generalirzzazione del processo d'industrializzazione nei paesi sviluppati ha prodotto· non solo un enorme incremento del traffico di merci varie, ma, nello stesso ten1po, ha provocato un massiccio flusso di materie prime e di semilavorati, imptegati nei più disparati processi produttivi. Di conseguenza, il vecchio porto bon à tout faire, è entrato in crisi. I traffici.i, dalle più disparate caratteristicl1e merceologiche, hanno richiesto la creazione di ormeggi specializzati; attrezzati, cioè, secondo le esigenze tecniche delle unità ,dj carico. Pertanto, i prim~tivi ristretti ambiti portuali hanno dovuto, necessariamente, subire una dilatazione che ha condotto a configurazioni articolate che possiamo definire « complessi! portuali». In definitiva, le dimensioni nuove del « complesso portuale» pongono in essere degli « organismi omogenei » a funzioni multiple, operanti nei confronti di un unico retroterra, attraverso una forma organizzata di approdi specializzati, con scali anche distinti e separati da soluzioni clii co,ntinuità. Che questa sia la co,nfigurazione 1noderna del porto, lo provano 1 le soluzioni adottate in tal senso nelle ipotesi di riassetto del sistema portuale britannico, formulate dalle Co·mmissioni Rochdale e Devlin, nella consideraziJOne dell'Europort di Rotterdam, nello schema di assetto territoriale dell'o,rganismo portuale ,di Marsiglia, nel Piano regolatore del nuovo Grande Porto di Genova. Si è tutti d'accordo nel ritenere che in Ital~a 141 porti classificati siano troppi e che anche molti siano i 17 porti maggiori che per i 4/ 5 delle spese dipendono direttamente dal bilancio dello Stato, mentre una politica di maggiore concentrazione degli investimenti, in pochi porti di fondamentale importanza, rappresenterebbe la strada migliore ai fini di un'efficace ristrutturazione del sistema portuale nazionale. Ma 17 porti, equamente distribuiti lungo la Penisola e «pagati» quasi per tutto dallo Stato, insieme ad altr~ 124 pronti ad assorbire fette di varia ampiezza del bilancio dei Lavori Pub·blici, sono altrettanti « serbatoi» elettorali ai quali la classe politica, in cento anni di legislatura, non ha mail saputo . . nnunc1are. Di recente si sono cominciate a riconsiderare le funzioni portuali su base terriitoriale, introducendo il discorso delle « scale » d'influenza dei singoli porti, gradua te ·da nazionali, a regionali, a locali. Dal canto suo, il Progetto 80, g:r;-an « libro dei sogni» dell'efficientismo programmatorio, riconosce « due sistemi portuali di interesse e funzione contiinentale », due altri « di interesse e funzione peninsulare», unitamente a tre sistemi minori, ossia di traffico di cabotaggio, peschereccio e, infine, turistico .. A parte, viene considerato l'aspetto dei porti industriali: « strutture da progettare in corrispondenza di zone in,dustriali ». Ora, senza disperderci in considerazioni di fondo, come saremmo tentati di fare, analizzp.ndo le ipotesi formulate dall'Ufficio del Programma, sembra chiaro che, in ogni caso, non poss~ disconoscersi che ciascun « s~stema », comunque definito, deve operare attraverso « complessi portuali », del tipo che abbiamo in,dicato in precedenza. E così non può disconoscersi che la 55 Bibiiotecaginobianco
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