Nord e Sud - anno XIX - n. 146 - febbraio 1972

GIORNALE A PIU' VOCI Nicola Chiaromonte Nicola Chiaromonte è stato colpito improvvisamente dalla morte il 18 gennaio alla RAI, subito dopo di aver trasmesso un suo commento sull'ultimo libro di Revel: « Ni Christ ni Marx», che, per essere uno di quei pa,nphlets brillant1 che spacciano grani di verità per la « verità», di sicuro non doveva piacergli. Tutto ciò che era superficiale e sbri1gativo, anche se stimolante per l'intelletto( era da lt1i alieno. Anche per questo, probabilmente, Chiaromonte era tra noi poco popolare o, come è stato scritto, un personaggio non « vistoso ». Subito dopo la sua morte, e quasi sollecitata dal cordogl1o e rimpianto degli amici, consapevoli d:inanzi all'improvvisa perdita di una insostituibile presenza, venne per la prima volta pronunziata, per lui, la parola: « maestro». Parola che, i1Il vita, non avrebbe tollerata da nessuno, ma che noi, oggi, accettiamo pienamente, se maestro è chi ha raggiunto una assoluta coerenza tra vita e pensiero, tra prassi e dottrilila. Si è anche detto e scritto di lui che, non avendo lasciato che una esigua copia di scritti, ]a sua fama resterà affidata alla fuggevole memoria delle sue parole, delle sue conversazioni,, di quel suo inimitabile modo socratico di interrogare, intavolare conversazioni, stimolare contraddittori. Noi non la pensiamo così., perché i suoi scritti, sparsi (che si spera verranno raccolti e stampati) e il suo ultimo volume « Credere e non credere », forse il suo testamento spirituale, hanno ancora molto da rivelare a più intenta e attenta lettura. Né crediamo che le parole volino e si disperdano senza lasciare traccia, perché ogni parola che cade sul terreno pronto a riceverla, è come un seme che germoglierà e darà i suoi frutti; e questi frutti verranno necessariamente trasmessi agli altri. Se noi crediamo davvero in qualche cosa, è prop,rio in questa continuità di messaggi, il solo assoluto che ci sia dato raggit1ngere; e Nicola, pur nella sua pessimistiica visione della Storia, che rigettava ogni finalismo, a questa realtà e valore dei rapporti umani credeva fermamente. Forse vi trovava il contravveleno al tormentoso dubbio che lo angosciava e cioè quale potesse essere « il destino delle aspirazioni morali e degli stessi sem·p1ici affetti uman1 in un mondo dorr1inato dal principio della violenza efficace ». · È stato davvero singolare di scoprire che per pochissimi scri1ttori, artisti o anche uomini politici, si è tanto scritto, quanto per Chiaromonte. Si direbbe perfino che ognuno si sentiva colpevole di non averlo abbastanza riiconosciuto e onorato in vita. In un paese come il nostro, dove l'intelligenza abbonda insieme con la furberia, dove la retorica imperversa, ma il carattere e il pathos etico difettano fortemente, Chiaromonte possedeva e l'uno e 50 Bibiiotecaginobianco

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